Ventimila “tele” sotto i mari: come l’arte salva l’ambiente
Ventimila tele
Ventimila “tele” sotto i mari. Il titolo è suggestivo, il contenuto non solo. È anche importante. Abbinare l’arte, il mare, l’ambiente rischia di creare confusione, ma Valentina Maggiolo ha, malgrado la giovane età, la profondità di analisi e le conoscenze adeguate a esprimere il proprio parere in questo interessante articolo. Per una volta la nostra redazione, vuole andare fuori tema. È un’eccezione, ma volevamo congratularci con la nostra autrice, che da oggi non è più laureanda, ma “Dottoressa in Conservazione dei Beni Culturali”. Leggiamo allora Ventimila tele sotto i mari.
Ventimila tele sotto i mari
“Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo”. Così le Sacre Scritture descrivono la creazione dell’habitat acquatico sul globo terrestre, in un processo dinamico e simbiotico con la natura circostante. Il mare è vita, è aria, è libertà, è un elemento indispensabile per chi lo osserva, tanto quanto per tutta la flora e la fauna che al suo interno sono custoditi, ma lo stiamo valorizzando quanto dovremmo?
L’inquinamento del mare come intervenire
Sempre più attuale sta diventando il problema dell’inquinamento marino, situazione che è stata aggravata dalla pessima gestione dei rifiuti e dall’inciviltà umana: sempre più disastri ambientali minano le bellezze oceaniche, una quantità ingente di fauna di acqua salata si ritrova a convivere a forza con corpi estranei, che talvolta limitano la vita e l’evoluzione, sempre meno specie a rischio riescono a sopravvivere a causa della pesca illegale e distruttiva. Numerosi attivisti, studiosi e biologi lavorano giorno dopo giorno per garantire la conservazione di questo favoloso mondo sottomarino, ma, l’uomo, come può intervenire?
La risposta di Jenny DL. Ecco una delle ventimila tele
“Fermare il tempo e assaporare l’atmosfera del mare che ti prende il cuore e ti porta “UP DOWN”. E il modo in cui l’artista Jenny DL porta l’attenzione sulla sua mostra personale, interamente dedicata al mare, al blu, all’oceano. Un tripudio di coralli, stelle marine, meduse, pesci, crostacei. Una vitalità quasi inaspettata per uno spazio espositivo, ma che al tempo stesso riesce nello scopo principale di trasportare il visitatore in un mondo nuovo e violaceo, illuminato dalla fievole luce marina e arricchito dal suono delle onde in lontananza. Questo è il mare, questa è la vita che esplode e grida la preziosità della sua esistenza, un urlo di rabbia, di confusione, di dignità.
Camilla Vecchietti trasforma in arte i materiali di scarto
Ma che cosa succede quando un’artista cerca di unire l’utilizzo di materiali inquinanti e non smaltiti con la volontà di affermare l’importanza che questo elemento naturale ha per noi?
È con questa premessa che Camilla Vecchietti “trasforma in arte quello che per il mondo è materiale di scarto”, un fenomeno di recycling che fa presa sulla problematica principale che affligge il mare e l’ambiente: l’inquinamento.
Così pesciolini, ricci, alghe e altri animali diventano i protagonisti indiscussi dei suoi quadri, danzando sulla tela tra pittura e plastica, tra alluminio e materiali organici, in una vorticosa danza centrifuga che trascina e immerge lo sguardo. All’interno della mostra “Soffitti di cristallo”, tenutasi a Genova dal 14 al 28 febbraio 2020 e curata da Loredana Trestin, Camilla decide di mostrare tutta la sua poetica racchiusa nelle opere.
Un banco di pesciolini si avvolge e turbina nella schiuma bianca prodotta dal loro movimento, ma che cos’è quella lucidezza? Che strani colori hanno i pesci… basta solo avvicinarsi per notare il vero trucco del quadro. Sono stati realizzati con ritagli di alluminio presi dalle lattine delle grandi marche di bevande commerciali. Un paradosso che riporta la mente al reale obiettivo: conservare le bellezze naturali che ci sono state donate e assumere un comportamento responsabile nei confronti del mare.
Non esiste un “Pianeta B”
Secondo gli ultimi studi, circa l’80% dei rifiuti in mare deriva da fonti terrestri. Le bottigliette, le sostanze chimiche, i concimi, il petrolio. Sono tutte “gocce” che si perdono e si accumulano in quell’immensa distesa blu a cui siamo tanto affezionati, ma che diamo per scontata.
Piu del 90% degli “stock ittici” sono sfruttati al di sopra del regime consentito per la loro conservazione, comportando una mortalità smisurata e un rischio di declino più che gravoso. È un problema che ci riguarda da vicino, è una questione che, se non risolta, provocherà danni irrimediabili alla natura, è necessario agire subito. È tempo di invertire la rotta, di sensibilizzare, di alzarsi in piedi e, nel nostro piccolo, svolgere i primi passi verso un futuro ecosostenibile: non esiste un “Pianeta B”.