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Lucky, con la mia musica vi presento Cuba. Un ‘Italia anni ‘70

Lucky

Lucky : foto artista

All’anagrafe è Gianluca Giorgini, ma per tutti ormai da anni è Lucky, che peraltro in inglese significa “fortunato”. La sua grande qualità, però, è nella condivisione della felicità: il privilegio che Lucky ha nel conoscere profondamente la cultura cubana, che alterna a quella italiana da diversi anni, è infatti il tema anche del suo ultimo brano, Onda latina.

Con questa canzone dai ritmi frizzanti e decisamente ballabili, Lucky (insieme a Elvino Echeoni, la Little Tony Family, Christian & Rey, Edesio e Christian Alejandro) ha tenuto compagnia per tutta l’estate, che è una stagione destinata a non finire mai a Cuba, Paese che il cantante produttore ci descrive ancora meglio in questa intervista.

Gianluca, come nasce il personaggio di Lucky?

Lucky non è un personaggio: è la realtà; non vi è niente di costruito in ciò che racconto e che canto. Io rappresento il sogno di chi vorrebbe tornare o vorrebbe arrivare per la prima volta a Cuba. E ti assicuro che è un sentimento autentico: si parla sempre del mal d’Africa, ma anche Cuba è un Paese strano, c’è qualcosa di magico che, con un atteggiamento molto semplice e naturale, richiama i turisti verso di sé. Spesso si incontrano anche dei saggi, soprattutto europei, che non vedono l’ora di tornare appena sono sull’aereo.

Come si esprime quella semplicità?

Nel desiderio di godere di ogni singolo istante nella sua spontaneità. Complice una situazione economica diversa, si vive un po’ l’atmosfera degli Italia anni ’70, anche con una voglia di stare insieme che talvolta si è persa.

Facci un esempio pratico.

Se fossimo a Cuba non organizzeremmo mai un’intervista telefonica: ci vedremmo di persona e subito dopo si organizzerebbe una serata. C’è un’idea di condivisione che, oggi sembra avere un sapore retrò e che invece dovrebbe ancora caratterizzare l’umanità. Anche per i giovani è così: in pochi si possono permettere la Play Station, quindi si gioca ancora come un tempo.

Quindi ti senti di consigliare Cuba a chiunque, anche sotto il piano della sicurezza?

Sì, assolutamente. Io posso permettermi di uscire alle cinque di mattina tranquillamente, anche con un bracciale d’oro addosso. Oggi a Cuba c’è un grande controllo con le telecamere per cui ci sono pochissimi furti: in massimo 24 ore chi ha commesso un reato è già arrestato. Oltre a questo, in diversi campi si aggiunge il passaparola, che è la vera linfa vitale del Paese, sotto tanti aspetti.

In che senso?

Come dicevo, si respira una grande comunicazione di persona, quindi alla fine ci si conosce tra tanti e questo diventa anche utile. Se uno cade per strada in Italia, ora che si chiamano soccorsi e parenti diventa tardissimo: a Cuba la voce arriva subito e tutti sanno quel che è accaduto. Certo, Cuba non è adatta per una persona che voglia farsi un’amante: il partner lo scoprirebbe in un attimo!

C’è uno stile che noi forse viviamo ormai solo in alcuni paesini del Sud Italia.

Esatto, anche se pure lì ormai le persone sono cambiate. Rimane la stessa atmosfera per cui se ti manca il caffè, vai dal vicino che te lo offre e nel frattempo entrambi approfittate per scambiarvi due parole, ma i ritmi sono comunque diversi. In Italia non siamo più padroni del nostro tempo, abbiamo troppe cose da fare programmate. A Cuba la programmazione non esiste, si segue unicamente l’istinto. E sai cosa ti dico?

Cosa?

Che è l’unico modo per vivere davvero felici, lasciandosi guidare da ciò che ci può far star bene. La vita è questa: non sappiamo fino a quanto ci saremo. È un po’ la lezione che ci ha insegnato anche il Covid ma che, in Italia, non siamo stati capaci di mettere in pratica successivamente.

È una filosofia di vita che trova conferma anche in alcune tue importanti scelte religiose.

Undici anni fa sono stato sacerdote della religione afrocubana, che si rifà sostanzialmente al Vecchio Testamento della religione cristiana. In effetti avere abbracciato questa nuova vita mi ha permesso di vedere sotto un’altra luce tante cose e di dare un senso diverso a ogni situazione.

Come torna questo approccio alla vita nel tuo percorso artistico?

Scopro la possibilità di comunicare con tante anime attraverso la mia musica. Ho molti amici, per esempio, che sono stati a Cuba e ora mi raccontano di rivivere quella terra proprio con Onda latina. È qualcosa che secondo me va oltre la pura emozione di cantare qualcosa che piaccia: significa interpretare un’unità di pensiero, una condivisione. Oltretutto, questa canzone mi ha permesso di fare incontri che, per me che credo in certe cose, hanno un’importanza che non può essere ridotta a pura coincidenza.

Hai voglia di raccontarceli?

Anzitutto ho trovato Elvino Echeoni. Parlando con lui, artista a 360 gradi tra musica e scultura, ho scoperto che aveva realizzato una statua dedicata a Padre Biagio Perinoni, il vescovo che mi aveva battezzato. Inoltre ho avuto la possibilità di collaborare con la Little Tony Family, e mio zio era grande amico di Little Tony. Insomma, ho capito che c’era una mano a guidarmi dall’alto per farmi venire in Italia e ritrovare un po’ le radici di Gianluca.

Videoclip ufficiale: ONDA LATINA

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