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Cile: solo 5 euro al giorno la paga di un operatore agricolo 

Proseguono da parte del nostro inviato in Sudamerica le inchieste su argomenti di stretta attualità. Oggi in primo piano la grave crisi sociale e ambientale che attraversa il sud del Cile. Sono davvero pochi 5 euro al giorno per un operatore agricolo

Operatore agricolo: operatore agricolo cileno
Un operatore agricolo cileno

5 euro la paga di un operatore agricolo

Lontano da qualsiasi legge, normativa e giustizia sociale, nel sud del Cile, operatori agricoli e dell’allevamento denunciano una nuova modalità di sfruttamento: ricevono meno di 5.000 pesos (5 euro) per ogni giornata lavorativa. 

Come è possibile che in un Paese il cui salario minimo è di 500.000 pesos (487 euro), le aziende impieghino manodopera a questi livelli salariali? 

È grigio il panorama che si presenta a coloro che svolgono lavori agricoli. Oltre al problema salariale, si aggiunge una limitata attenzione per l’ambiente, che per le comunità indigene ancestrali è una grave mancanza verso la ñuke mapu (madre terra).

Il connubio di bassi salari e il poco rispetto per l’ecosistema provoca una situazione insostenibile per innumerevoli settori. 

La risposta alla crisi sembra puntare sulla poca attenzione e sulla limitata legalità con cui molte aziende conducono la loro attività. Lontano dai centri urbani, soprattutto nelle zone periferiche del sud del Paese, si registrano situazioni che compromettono e rendono difficile la qualità della vita di centinaia di famiglie costrette a sopravvivere con il minimo salariale. 

Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), l’obiettivo è il salario minimo e “salvaguardare i lavoratori dal pagamento di retribuzioni ingiustamente basse”. In altre parole, un salario “equo” significa distribuire una retribuzione adeguata al lavoro svolto. 

Gli Stati moderni, tra cui il Cile, distribuiscono un salario minimo per tutte le aziende con l’obiettivo di proteggere i lavoratori da paghe ingiustamente bassi; inoltre, mirano a combattere la povertà e a ridurre le disuguaglianze, comprese quelle di genere di uomini e donne. 

Wallmapu (territorio mapuche) 

In Cile esiste una zona storicamente dominata dal popolo mapuche (e dai vari gruppi). Essi controllavano i territori dal fiume Bio Bio verso sud, fino all’arrivo dei coloni spagnoli con ordini espliciti dalla corona di combattere questi gruppi e spogliarli delle loro ricchezze. 

Operatore agricolo: fiume Bio Bio
Fiume Bio Bio

Dopo l’indipendenza (1810), la situazione è peggiorata per gli abitanti ancestrali di queste comunità e i governi successivi – i diversi partiti politici susseguitesi nella storia repubblicana – non hanno mai risolto le richieste di quei gruppi indigeni che rivendicano le loro terre. 

Oggi il sud del Cile è dominato da gruppi imprenditoriali di grande potere economico. Uno di questi è Rabobank, con sede nei Paesi Bassi che, citando dal loro sito web, ha come funzione quella di essere “uno dei principali fornitori mondiali di servizi finanziari per l’industria agricola e alimentare”. 

Il settore frutticolo e salmonicolo rappresenta una delle principali attività del loro core business. Le comunità Mapuche, molto critiche su organizzazioni dello stesso tipo, hanno più volte denunciato che la politica estrattiva è lontana da qualsiasi quadro ecologico.  

Le opinioni dei dirigenti

Andrés Liempi, dirigente della Federazione Nazionale del Sindacato dei Lavoratori Temporanei (stagionali), assicura che “qui ci sono colpe condivise tra imprenditori, appaltatori e subappaltatori”. 

È tutto illegale, poiché non pagano salari equi, non versano i contributi (denaro per le pensioni di vecchiaia) e mancano le condizioni minime come bagni con acqua e luoghi per mangiare”, afferma il dirigente. 

Camilo Guzmán, Presidente degli Agricoltori Uniti, dichiara che la crisi che vive il settore è grave. “Gli agricoltori stanno vedendo interi campi rimanere incolti, i negozi che vendevano forniture agricole stanno chiudendo e i piccoli agricoltori sono soffocati dai costi elevati e dalla mancanza di accesso ai crediti”, ha dichiarato. 

«Le banche non prestano più denaro, e i sussidi, che dovrebbero sostenere la piccola agricoltura, finiscono nelle mani delle grandi agroindustrie. Non possiamo continuare così», denuncia il presidente, aggiungendo che ciò potrebbe generare “un collasso del settore”. 

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