Immanuel Kant: in nome e per conto della libertà
Per essere veramente liberali, riscopriamo l’etica della libertà: un ricordo di Immanuel Kant a 300 anni dalla nascita e a 220 anni dalla morte
Immanuel Kant
Quest’anno ricorre sia l’anniversario della nascita, che quello della morte di Immanuel Kant, il filosofo di Königsberg (all’epoca la seconda città più importante della Prussia) che, con il suo entusiasmo per la Rivoluzione francese, suscitò non poco sospetto da parte delle autorità politiche e religiose del suo tempo. La radicalità della sua interpretazione della libertà emerge dal giudizio del grande scrittore Heinrich Heine, secondo il quale i francesi avrebbero ucciso il re, ma i tedeschi – tramite Kant – addirittura Dio. Kant ha capovolto le coordinate della visione “antica” del mondo, basato sull’autorità: la costruzione del tessuto sociale e dello Stato deve avvenire a partire dalla libertà.
L’entusiasmo di Kant per la libertà sembra essere lontano e sarebbe un’impresa ragionare sul perché. Forse, l’ultima volta che un “entusiasmo della libertà” ha attraversato il nostro continente, c’è stato dopo la caduta del muro di Berlino, venticinque anni fa. Da quella data, sembra che si sia affievolita la convinzione della preziosità di questo grande messaggio di Kant, famoso per la sua “Critica della Ragion Pura”, alla quale fece seguire, appunto, la “Critica della Ragion Pratica“, in cui la libertà è vista come realizzazione di una forma di “umanesimo”.
L’Imperativo categorico e la libertà
Centrale nel pensiero kantiano è il famoso Imperativo Categorico, un principio etico che sottolinea la necessità di agire secondo regole universali che possano essere applicate in modo coerente a tutti gli esseri razionali. La libertà, per Kant, è strettamente legata a questo imperativo e si realizza attraverso l’autonomia della volontà. Secondo Kant, la libertà non è l’azione arbitraria o che asseconda i propri desideri momentanei, ma è l’abilità di agire in conformità con le leggi morali che la ragione stessa si impone. La libertà, quindi, si basa sulla capacità di seguire la legge morale senza costrizioni esterne, guidando le azioni attraverso la ragione e l’autodeterminazione.
Non è quindi il “poter fare ciò che voglio” che ci rende liberi, secondo Kant, ma l’agire con razionalità, cosa che distingue gli esseri umani da tutti gli altri esseri viventi. Si comprende subito come questa filosofia non risultasse gradita alle autorità, che pretendevano di indirizzare i comportamenti dei sudditi. Si può affermare che Kant ha scoperto il principio di coscienza, ma ci ha anche avvertiti di non confonderlo né con l’egoismo, né con il narcisismo dell’uomo contemporaneo, che nulla vede, oltre a sé stesso.
La necessità della libertà nella morale
Solo la razionalità morale ci porta alla comprensione di ciò che è la libertà. Ecco il messaggio centrale di Kant nella “Critica della Ragion Pratica”. Senza libertà, le azioni umane sarebbero determinate da cause esterne, annullando la possibilità di responsabilità morale. La libertà è quindi essenziale per il concetto di responsabilità morale e per l’attribuzione di meriti o colpe alle azioni umane. D’altra parte, la libertà comporta sempre un rischio in quanto non sempre il soggetto decide per il bene. Se è sufficiente il “ragionamento morale giusto” perché allora l’essere umano sceglie spesso il male? Kant stesso afferma – dimostrandosi in questo vicino ai valori dal cristianesimo – che, in fin dei conti, ciò resta un mistero, cosa che a sua volta non fa che dimostrare la nostra altissima responsabilità per la realizzazione del bene.
In questa lotta per il bene sta la dignità dell’uomo. Non a caso, la “cultura dei diritti umani” è riconducibile proprio a lui e al suo pensiero secondo il quale ciascun essere umano deve essere considerato sempre anche come fine e mai soltanto come mezzo.
L’attualità del pensiero kantiano
La visione kantiana della libertà è estremamente attuale perché colloca questo concetto nella sfera della responsabilità individuale. Il singolo è responsabile delle sue azioni e delle loro conseguenze, avendo come riferimento un orizzonte morale comune a tutta l’umanità. Ciò fa di Kant il precursore del pensiero liberale, per cui i meriti e le colpe individuali non sono da attribuirsi necessariamente alla società, ma derivano dalla volontà del singolo di agire liberamente secondo regole universali riconosciute da tutti gli esseri umani in quanto razionali.
Kant dà all’individuo la responsabilità della sua condotta, in quanto essere razionale che condivide con il resto dell’umanità i valori etici ed i diritti fondamentali universali. Questa sua posizione è quanto mai attuale laddove si cerchi in ogni modo, da un lato di deresponsabilizzare l’individuo dalle sue azioni, imputando alla società ogni colpa e, dall’altro, viga la censura della libera espressione delle idee, del pensiero ed operato, anche quando questo non arreca danno ad alcuno né vi siano i presupposti per l’incitamento a compiere atti disdicevoli. È la tipica censura becera dettata spesso e volentieri dal pensiero dominante del “politicamente corretto”.
Kant, nelle sue tre Critiche, ci invita ad essere liberi: nella “Critica della Ragion Pura” libertà è osare nel campo della conoscenza, nella “Critica della Ragion Pratica” la libertà è il presupposto dell’agire morale e nella “Critica del Giudizio” la libertà regna sovrana a cominciare dalla libertà dell’immaginazione nell’espressione artistica.
Scritto a quattro mani con Markus Krienke – Prof. di Filosofia moderna ed Etica sociale presso l’Università della Svizzera italiana