La città che sale: arte, sostenibilità e progresso

La città
Città. Una parola tanto breve quanto carica di significato, che sa di casa e famiglia, ma al tempo stesso di grandezza e opportunità. Da tempo immemore l’agglomerato urbano costituisce un vero punto di riferimento per l’uomo. E’ il luogo in cui la vita, il mercato, la politica e la socialità prendono forma e si sviluppano in un tripudio di movimento. Ma in che modo può andare a incontrare l’arte e influenzarne le tematiche?
Certi di avere in mano la responsabilità di costruire comunità urbane più sostenibili e accoglienti per tutti, da sempre l’uomo ha sentito la necessità di elaborare e produrre modelli di città ideale. Uno scopo a cui anelare per tentare di dare vita a un ambiente giusto e capace di conciliare le necessità complessive. Non sono, pittori e scultori, così come fotografi e architetti, avulsi dal contesto, al contrario respirano l’anima frenetica della collettività e la elaborano in maniera sempre differente. Si tratta di esaltazione o di critica?
La città che sale

Stupefacente risulta la “Boulevard des Capucines” di Claude Monet, che nel 1873 rappresenta in maniera quasi fotografica la grande via che taglia la Parigi della Belle Époque e ne mostra il virtuosismo con semplici pennellate di colore. Ma se di movimento stiamo parlando, potremmo mai tralasciare “La città che sale” di Umberto Boccioni? A cavallo tra i primi due decenni del Novecento, l’artista esponente del Futurismo, ci restituisce una visione assolutamente articolata del soggetto. Città che è luce, movimento, colore, forza animalesca. Un vortice impetuoso che travolge tutto quello che trova sul cammino e irrompe nella vita quotidiana: è il progresso. Ma è questa l’unica accezione con cui l’arte entra in contatto con l’urbanizzazione?
La città ideale
Facciamo un salto indietro nel tempo. Già nel Rinascimento e in età moderna notiamo la diffusione di studi e progetti per la riqualificazione o costruzione di un’intera area urbanistica, figli dei nuovi trattati sulla prospettiva. Dalla “Città ideale” esposta presso la Galleria nazionale delle Marche, alla progettazione parzialmente completata da Bernardo Rossellino sulla città di Pienza, modello personale dello stesso pontefice, Pio II, così vediamo quanto sia stato e sia tutt’ora importante l’interesse nei confronti di un costante intervento sulla comunità urbana in cui viviamo, per renderla adeguata alle necessità del momento. Quali sembrano essere, dunque, i bisogni attualmente in attesa di essere saziati?

Alloggi adeguati, trasporti, impatto ambientale, spazi verdi, economia locale… Sono tutti i punti salienti dell’obiettivo n.11 dell’Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile, che si occupa di redigere un elenco di traguardi da raggiungere nell’ambito delle comunità sostenibili. Se da un lato la città prende il ruolo di modello di vita, culla della nostra quotidianità, al tempo stesso può diventare un ambiente invalidante, se non coperto dai giusti servizi, fondamentali per la nostra piena e pacifica convivenza. I centri storici da riqualificare, aumentare la presenza di parchi e giardini, l’inserimento di zone pedonali, incentivare la cura dell’ambiente e l’utilizzo di mezzi di trasporto green. Sono piccoli passi per iniziare un cammino verso il futuro.
Città sostenibile

Che cosa significa rendere una città sostenibile? Come può, un artista, inserirsi all’interno di una tematica così attuale e toccare gli osservatori? Ce lo spiega Michele Ferrari con l’opera esposta presso la mostra “Il mondo ed io” al Creativity Art Design di Genova. Al primo impatto, sembra essere raffigurato un paesaggio urbano al tramonto. Ma che cosa notiamo non appena ci avviciniamo? Non si tratta di acrilici, tempera o colori di qualsiasi tipo. Ciò che dà forma al quadro sono elementi di recupero e scarto, in questo caso tessuti, utilizzati con lo scopo di dare allo spettatore l’illusione di stare guardando un soggetto reale. È così che la mente è libera di immaginare. Può vagare e plasmare la realtà in base al più soggettivo desiderio, una vera “città ideale” che fa parte del nostro inconscio.
Da “Il Silenzio” di Ungaretti al dipinto della Rabinovhic

“Conosco una città / che ogni giorno s’empie di sole /e tutto è rapito in quel momento […]”: con queste parole Giuseppe Ungaretti introduce la poesia “Il Silenzio”, che sembra quasi potersi legare alle opere paesaggistiche di Diana Rabinovich, artista che prende ispirazione dai magnifici scorci della città di Firenze, patria delle arti e continua Musa per chi si imbatte nelle sue bellezze giorno dopo giorno, esempio di centro storico su cui è posta una grande attenzione a livello mondiale. All’interno della mostra collettiva di arte contemporanea “Ad Astra”, espone su schermo digitale l’opera “Towards the light”. Ed ecco che la luce svolge un ruolo fondamentale per la lente di ingrandimento che è la mente dell’artista, alla continua ricerca dell’idea perfetta. Del locus amoenus che possa incontrare i nostri bisogni e necessità.
Le dune di Nida

Allo stesso modo, Izabelē Čebatoriūnaité, dal 12 al 26 febbraio 2021 ha esposto l’opera “Winter Dunes” a Genova. In questo dipinto, l’immaginazione prende il volo e riesce a creare un paesaggio a partire dal solo sogno, il volo pindarico del pensiero che riesce a trasferire su tela il magico luogo delle Dune di Nida, in Lituania. Ideate dall’artista come coperte di neve, sebbene mai viste sotto quell’aspetto.
L’arte ci aiuta a vedere la realtà con la lente d’ingrandimento. La tela dell’artista è la macchina fotografica che la immortala e riferisce a noi nella sua vera essenza, lasciandoci la libertà di immaginarla, plasmarla secondo le nostre più sfrenate fantasie. E se non fosse solo immaginazione?
