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La Pietà e il Cristo Velato: attestato storico di Giuliana Poli

Giuliana Poli autrice di uno straordinario documento storico

La Pietà e il Cristo Velato, le due grandi opere orgoglio e patrimonio della cultura e della storia italiana, in una straordinaria e sorprendente analisi.

Giuliana Poli

Giuliana Poli, giornalista e scrittrice. Dopo la laurea in giurisprudenza, è diventata giornalista pubblicista e scrittrice. Ha studiato tradizioni arcaiche ed è corrispondente per giornali e emittenti televisive. Nel 2008 ha pubblicato “L’Antro della Sibilla e le sue sette sorelle”, un successo che apre un ampio dibattito culturale. Nel 2014 ha pubblicato il suo secondo libro, “Dio è femmina?”. Nel 2015 esce il misterioso “Le Figlie del Sole”. Nel 2013 ottiene la cattedra onoraria all’Accademia Tiberina per il suo lavoro sul recupero di tradizioni, miti e rituali arcaici.

 “Investigatrice” d’iconologia, iconografia, filologa d’arte. Ha grandi capacità di analizzare le psicodinamiche nei dipinti. Attualmente lavora nelle autenticazioni nel mondo dell’Arte.

Prossimamente in uscite due lavori importanti:

Il mondo nascosto di Piero della Francesca

Scopri il segreto dell’immortalità nella Gioconda di Leonardo Da Vinci

L’intervista

L’intervista richiesta da Globe a Giuliana Poli, è dovuta a una monografia da lei redatta, relativa a uno studio sulla comparazione tra il Cristo Velato e la Pietà di Michelangelo: due opere allo specchio. La studiosa ci parlerà di dettagli segreti scoperti nella Pietà di Michelangelo. L’interesse suscitato da questa straordinaria documentazione, che sta assumendo valore storico, ha varcato i confini nazionali ed è stato tradotto in più lingue. Il documento completo lo potete leggere sul Blog dell’autrice.

<Giuliana, che cosa hanno in comune “Il Cristo velato” di Sanmartino e la “Pietà” di Michelangelo, al di là di quello che può essere facilmente evidente anche a occhi meno esperti.>

Si, nonostante fossero opere scolpite in periodi storici diversi: la Pietà di Michelangelo nel 1498 e il Cristo Velato nel 1753, sono due opere che affondano le radici in valori arcaici con molteplici elementi in comune. Prima fra tutte rappresentano due Pietà, poi i due corpi del Cristo sono gracili, in entrambe c’è il velo anche se nel Cristo Velato è evidente mentre nella Pietà è celato come nello stile di Michelangelo, entrambe le opere sono locate sopra luoghi dove sorgeva il tempio dedicato alla Grande Madre Iside e Minerva e che in ambo le opere si attua l’origine della vita attraverso il matrimonio mistico o nozze sacre. Infine sono un inno alla vita quindi il concetto della Pietà non è legato alla compassione.

<Quale rapporto c’è tra Michelangelo e il corpo umano, soprattutto quello maschile e il concetto di “pura intelligenza perfetta” che lega l’uomo nudo alla stessa pietra nuda e che poi veniva scolpita dal maestro?>

Figura nascosta inedita presente sul petto della Vergine nella Pietà di Michelangelo. Matrimonio mistico all Interno di un uovo cosmico creato dal velo indossato dalla coppia di sposi

La Pietà di Michelangelo ed il Cristo Velato di Sanmartino sono due capolavori realizzati da scultori che appartennero a scuole iniziatiche di tipo corporativistico di massimo livello, entrambi furono due grandi conoscitori dell’anatomia umana/spirituale e l’opera del Buonarroti influenzò notevolmente l’Autore del Cristo Velato.

Michelangelo dipinse la Pietà a poco più di vent’anni ma al tempo aveva già profonde conoscenze. Si applicò fin da bambino allo studio di testi classici e in Vitruvio apprese che l’uomo è il più alto esempio di unità, equilibrio ed il corpo umano è la più alta creazione di Dio. La sua predilezione per il nudo maschile derivò da un fattore filosofico e l’esaltazione ellenico-platonica del corpo umano fu un importante elemento per il ritorno dell’antico. Eseguì per esempio il Cristo risorto come un Apollo nudo e il Laocoonte di Apollonio di Atene fu per Lui la massima espansione di perfezione come anche il busto Belvedere. Credeva che il nudo dell’uomo come la nuda pietra rappresentassero pura “Intelligenza” perfetta, senza bisogno di orpelli decorativi.  Fondamentale quindi l’assioma tra il nudo del corpo umano con la pietra considerata alla stessa stregua, da questo presupposto si capiscono molte cose. 

<Mi ha colpito nel leggere il suo articolo questa affermazione di “forma dentro la materia”. Michelangelo vedeva nel marmo fin dalla prima occhiata, la forma da scolpire. Ci argomenti meglio quest’asserzione.>

Sul volto del Cristo girato al contrario si nasconde un uomo buffo con un dente in più celato dal Michelangelo con significato di menzogna.

Michelangelo apprese dal Ficino che il corpo è infuso di Luce, quindi l’uomo come la pietra è materia e Spirito e il vero scultore non è chi fa calcoli matematici o prospettici ma colui che ha le divine proporzioni negli occhi. 

L’idea del platonismo che più ispirò Michelangelo fu che dentro la roccia come nell’uomo c’è una latente immagine in attesa di essere scoperta posta in atto dallo scultore “in Concetto”. Il mondo ultraterreno crea una forma dentro la materia e il vero artista riesce a penetrare la vera sagoma preordinata al di fuori del tempo attraverso l’Intelligenza, quindi l’immagine prefigurata nella pietra viene considerata come evidente già prima di essere liberata dalla sua marmorea prigione. 

La funzione dell’artista dunque era quella di adeguare “materia” e “Concetto” e lo sforzo di tradurre in opera un “Concetto” attraeva Michelangelo più che la rifinitura pratica che spesso lasciava ai suoi allievi, limitandosi ad impostare i disegni preparatori.  La conseguenza è che già nella cava di marmo l’occhio di “chi vede” riesce a scorgere l’opera in potenza e Michelangelo amava segnare blocchi di marmo per distinguerli dagli altri che non avevano Spirito.

<Michelangelo non ha mai terminato, “rifinito” le sue sculture, che venivano affidate ai suoi collaboratori per essere terminate, ad eccezione della Pietà. Quale motivo o ragione l’ha spinto a completarla personalmente?>

La Pietà è l’unica opera terminata e firmata da Michelangelo che non amava finire le sue sculture per meglio proteggere questo “Concetto” e non disvelarlo in quanto mistero. La firma è presente nella fascia che traversa diagonalmente il busto della Vergine. Le iniziali del Buonarroti sono presenti anche in maniera nascosta: la M è nel petto della Madonna e la B deriva dal gioco di veli che si forma attraverso le gambe di Lei occultate dal velo.

Molto probabilmente appose la fascia con la firma successivamente per sigillare la paternità dell’opera che fu messa in discussione in quanto attribuita ad un artista lombardo molto in voga quel periodo a Roma e questo chiarisce il perché abbia firmato l’opera precedentemente in maniera occulta come era usueto fare nell’antichità.

Considerando quindi l’idea di “Concetto” di Michelangelo come mai la Pietà a differenza delle altre sculture del genio rinascimentale è un’opera manifesta e rivelata? Il non finito permette un’ambiguità interpretativa, qui invece l’opera è disvelata, anche se solo in apparenza in quanto nasconde dettagli che sviano dal falsamente rivelato. Nella Pietà quindi si mostra una realtà apparente, mentre nasconde un significato che è l’opposto di quel che Michelangelo mostra alla moltitudine.

<Tra i due artisti Michelangelo e Sanmartino ci sono assonanze ed espressioni in comune, ma anche differenze. Ci sono per cosi dire “concetti chiave” come quello del velo presente in entrambe le opere, che però è protagonista in maniera differente. Ce lo chiarisce meglio?>

Il Cristo del Michelangelo non ha il velo al contrario del Cristo velato. Il velo è come uno specchio di luce che si riflette, ma il dietro dello stesso è nero e analogo ad una camera oscura che assorbe la luce dell’immagine riflessa, la rielabora per far rinascere una nuova immagine.

 Il Cristo Velato irradia luminosità dall’interno in un gioco di specchio con il suo velo, come se la sua luce molto intensa rimanesse potenziale, la Pietà invece con il suo marmo levigato è abbacinante: è la luce che si riflette dalla pietra nel cui interno crea e riproduce l’immagine. Il Cristo Velato è quindi un “lume perpetuo”, una perenne luce non esplosa, come le lampade perenni che di solito ardevano presso le statue d’Atena o di Venere e che rappresentavano il fuoco spirituale che non si estingue mai.  Anche la Pietà è un lume perpetuo, solo che il velo che fa da specchio al Cristo è la Madre stessa e il particolare fregio del velo sopra la fronte di Lei ha la stessa forma del “cono egizio” simbolo del culto solare indossato da molto ritratti della dea Iside. La postura della madre ha il viso inclinato come se il suo cono di luce dovesse irradiare il corpo del Cristo. Quando si osserva un’opera d’arte si deve osservato tutto: il possibile e l’apparente impossibile che spesso è il vero probabile.

<Una mia idea personale, anzi un dubbio, forse neppure corretto: le simbologie che “legge” all’interno delle opere: le fasi alchemiche, lo specchio, il sacro Graal, i significati che ne scaturiscono, mi pare siano al confine tra due pensieri. Quello sacro e quello profano. Quello cristiano e quello esoterico. È solo una mia impressione?>

La scultura fu per Michelangelo una forma di servizio a Dio e trait d’union tra gli ideali morali del cattolicesimo assorbiti dal Savonarola e soprattutto l’esaltazione delle perfette forme del mondo classico. Michelangelo appartenne alla Corporazione di Lorenzo il Magnifico, una “Gilda” e scuola iniziatica di livello altissimo. Era a conoscenza dell’antica Sapienza e il tema dello specchio, del Sacro Graal (legato alla parola specchio), rappresentano l’abc di qualunque percorso sapienziale. Non dimentichiamo che Il Cristo Velato, la Pudicizia e il Disinganno furono le tre opere donate da Raimondo di Sangrio, uno dei più grandi alchimisti del ’700, alla Cappella San Severo.   

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<Non andrò oltre Giuliana, credo che lei possa proseguire nel descriverci questo suo “splendido attestato”, da lei redatto e che sta facendo il giro del mondo, senza altre domande. Ma questo “inno alla vita” che lei ha scritto in chiusura del suo articolo, sappia che ha di fatto, a parere di molti, posto il sigillo sul suo documento, come attestato di valore storico.>

La ringrazio molto, la frase che Lei cita: “La Pietà che riflette apparente tristezza e compassione in realtà è la rinascita AMOR, il dovere ad assolvere principi di vita, il nome segreto di Roma: “senza morte” che non crede alla fine e questo è un messaggio, una summa delle conoscenze rinascimentali.

È l’inno alla vita del grande Michelangelo che con colpi di scalpello annullerà il proprio ego, tanto da divenire esso stesso l’Anima segreta della pietra e quindi dell’eternità” ha colpito molto.

È vero le due Pietà sono in apparenza dolore, un dramma nel dramma, nella realtà sono un inno alla vita, un tema pasquale e questo riflette il vero pensiero del Michelangelo che non amava il tema della morte, la sua era una religiosità vitalistica e questo lo si evince ovunque.

Prendiamo un dettaglio della Pietà molto importante: il tallone del Cristo. Il tallone simbolicamente parlando è il punto di passaggio della morte poiché è la base di un corpo eretto.

Particolare della Pietà: il tallone simbolo del passaggio della morte tocca la radice è in quel punto dalla morte nascerà una nuova vita

Nel punto della scultura in cui tocca un albero non spezzato naturalmente, ma reciso di netto rappresentando un vero assassinio, in quel punto germoglierà una nuova vita. Ma chi dona la vita? La Madre generatrice rappresentata simbolicamente dal velo.

Il velo è lo specchio, l’Intelligenza creatrice divina che emana la propria luce e la riflette creando a propria immagine, quindi è un atto di genesi della “forma/pensiero”, dello Spirito che forma la materia presente in tutte le forme materiche come il corpo e come la pietra.

La parola velo, in Greco, ha la stessa origine della coppa e dell’involucro, del bocciolo di rosa e del Graal. In effetti i corpi dei due Cristo sono avvolti dal velo, costituendo un unicum, un Uno. In entrambe le opere quindi avviene il matrimonio mistico. Nella Pietà di Michelangelo le nozze sacre sono occultate da un particolare nascosto inedito che ho scoperto all’interno della scultura.

Guardando con attenzione gli aspetti misteriosi dell’opera di Michelangelo, in prossimità del petto e del cuore della Madonna ci sono due figure all’interno di un uovo cosmico creato dal velo: un uomo ed una donna. L’uomo ha la barba ed ha il capo velato in veste sacerdotale e di autorità, all’interno della stessa barba che ha forma di cuore c’è una figura femminile anch’essa con il velo. Considerato quindi che il Cristo è più grande della Madre è molto probabile che le due figure scolpite non fossero madre e figlio ma piuttosto una coppia di sposi.

Nell’articolo ho espresso una probabile ipotesi che la coppia fosse Giulio Cesare e Cleopatra. La figura di uomo buffo che sorride quasi con scherno che si scopre osservando il viso del Cristo al contrario, potrebbe significare proprio questo, che l’identità dell’uomo è di un Cristo romano. Entrambe sono figure autorevoli per via del velo (simbolo di autorità temporale e spirituale) ma a guardare bene anche i due corpi scolpiti hanno in sé lo stesso messaggio:

la mano destra del Cristo ha il segno della Vav ebraica che è simbolo di alleanza e dell’unione, anche se rovesciata, la mano sinistra è chiusa, quindi c’è un segreto non rivelato e il pollice tocca l’anulare, il dito dell’unione coniugale. Il dettaglio simbolico sottile e manifesto è il piede destro dell’uomo che ha il malleolo più lungo, in segno di auctoritas legata all’origine ma anche la mano sinistra della Madonna ha l’indice della mano più lungo anch’essa quindi regale, anzi lo è ancora di più poiché la mano sinistra è legata al sovrannaturale mentre il piede è legato ad un’auctoritas terrena.

Anche nel Cristo Velato il velo della madre lo avvolge in un’unione che lo riveste e anche qui c’è un dettaglio che avalla questa ipotesi: è la piega del risvolto del velo che lascia intravedere un’altra presenza dissimulata: un orlo ricamato come i veli usualmente decorati per la dea della Sapienza.

Sappiamo che dove ora sorge la Cappella San Severo è da sempre luogo mistico e di pellegrinaggi verso il culto della Grande Madre, non dimentichiamo che fu in origine un tempio dedicato ad Iside, dèa che è punto di ulteriore contatto tra le due opere.

Sia nel Cristo con il suo velo che nella coppia di sposi della Pietà si ricrea l’unione mistica delle nozze sacre e quindi il ricomporre la materia e il suo “Concetto” nel blocco di marmo. Lei è lo Spirito Santo che dona la vita a Lui e questa verità è evidente dall’increspatura del velo all’interno delle due sculture. Non si tratta di un velo liscio, ma mosso come le onde del mare che s’infrangono nella roccia per poi tornare in sé stesse.

La Pietà è un dramma nel dramma.

Lei ha uno sguardo addolorato, piange (forse un influsso inconscio del Savonarola capo della setta dei “Piagnoni” in quanto piangevano tutti durante i sermoni), ma un indizio rivela che non è cosi in quanto le sue vesti plastiche sono un’opulenza di veli che si susseguono. Michelangelo è evidente amava i contrasti: Lei è più giovane di lui e rappresenta l’opposizione del movimento alla stasi, il profano divenire rispetto la cristallizzazione del dogma.

Lei è il tutto “il movimento immobile”, roccia sulla quale è seduta divenendo un unicum con essa e movimento spirituale allo stesso tempo. Quindi Lei è la parte segreta e l’essenza di Lui, l’unica mediatrice ed è per questo motivo che il Cristo in entrambe le opere è femminile, gracile quasi seducente e sensuale nel suo abbandono alla morte, decisamente bello e femminile e questo in opposizione all’usueto nudo virile di Michelangelo che mascolinizzava finanche i corpi di donne come per esempio le Sibille del Giudizio universale. Tale femminilità invece è delicata perché non rappresenta materia maschile o femminile ma l’Eros che è il femminino sacro. Quindi i due corpi del Cristo sono mero specchio della Madre ovvero l’Anima. Sono raffigurazione delle due polarità: vita e morte e nel punto di contatto in cui il tallone toccherà l’albero rinascerà la vita.

Ne deriverà che la tomba di Lui è sua Madre che lo tiene in braccio e lo riaccoglie ma è anche colei che lo farà rinascere e lo stesso “piccolo re” rinato diventerà una madre vera e propria perché in lui ci sarà sempre Lei in quanto l’oro della sua semenza rinascerà sempre.

Ed ecco spiegato il concetto di Pietà vero: la Pietas della tradizione sapienziale della Madre che è il dovere nel compimento del portare avanti i principi e la Giustizia che tutto riassorbe (morte) e tutto riemana (vita) che continuerà l’Imperium.

<Per finire Le chiedo un supplemento di domanda. Chi è davvero Giuliana Poli? Cosa fa nella vita e soprattutto perché c’è chi afferma che quello che lei scrive “va oltre e forse non è neppure di questo mondo”. Che significa?>

Scherzando le potrei rispondere che lo dovrebbe chiedere a chi lo afferma. In questa piacevole circostanza posso solo affermare che Giuliana è un sincretismo di valori legati all’origine della tradizione arcaica. Sono giornalista e scrittrice. Esperta nell’autenticazione attraverso l’expertise in iconografia ed iconologia delle opere d’arte. Sono filologa dell’arte e psicodinamica dei quadri.

In sostanza riesco a cogliere nell’arte principalmente antica le immagini e le firme nascoste,  semplicemente perché le leggo all’interno del dipinto o scultura con una tecnica che è quella antica: dissimulare l’immagine apparente agganciata alle sinapsi e schemi mentali ed entrare in altre immagini che sono quelle reali poiché vanno al di là del velo e dell’apparenza (non tutti sanno che all’interno di un quadro si nascondono più quadri e immagini con un significato completamente opposto rispetto quello apparente). Niente di nuovo quindi ma il rispolvero di una tecnica usata dagli stessi Artisti del Rinascimento, quindi non facile, ma sicuramente reale.