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Un ricordo personale

Alcuni momenti restano impressi nella nostra memoria come pietre miliari della nostra esistenza

Il potere del ricordo
Il potere del Ricordo

Il potere del ricordo

Il ricordo? È esperienza comune ricordare esattamente dove ci si trovava e cosa si stava facendo nel momento esatto del verificarsi di un grande avvenimento, pubblico o privato, che abbia lasciato un segno indelebile nella nostra vita. In base a questo principio, in queste settimane in cui il mondo intero – credenti e non credenti – si sente più solo a seguito della dipartita di Papa Francesco, viene ricorsivamente proposta dai media la sua elezione al Soglio Pontificio, affiora sempre alla mia mente un particolare ricordo personale.

Era il 13 marzo del 2013

Era il 13 marzo 2013 e stavo attraversando l’anno che ha rappresentato nella mia vita professionale la svolta, in quanto diventai dirigente scolastica nell’Istituto Comprensivo in cui tuttora presto servizio. Il raggiungimento di questo traguardo, però, aveva coinciso con l’aggravarsi della malattia dello zio. In quel periodo mia zia mi aveva accolta come un vero e proprio genitore, stante le difficoltà di salute di mia madre e l’impegno di mio padre, che si divideva tra il lavoro e l’assistenza alla mamma.

Quella sera, il televisore della zia era acceso sulle immagini del secondo giorno di Conclave. Anche se, come si può immaginare, a casa lanciavamo occhiate di sfuggita alla diretta televisiva, nel continuo andare e venire dalla camera da letto di mio zio, con la preoccupazione per le sue sofferenze. Alle 19:06, una fumata prima nerastra, poi più chiara, fino alla sbuffata bianchissima, segnalava che la Chiesa cattolica aveva una nuova guida; ma anche se avevo aspettato il “Annuntio vobis”, nemmeno quel momento storico mi aveva fermata dall’accorrere continuamente, insieme al mio compagno, al letto di mio zio, nell’irrazionale convinzione che, se non lo avessimo mai lasciato solo, quanto più temevamo non sarebbe successo.

Al momento dell’uscita del nuovo pontefice sul balcone della Basilica di San Pietro, le sue prime parole hanno stupito il mondo per la spontaneità di un saluto semplice ma straordinario: “Buonasera”. Ecco, in quel momento ricordo di essermi fermata di colpo e di aver sorriso. Sicuramente nessuno poteva dedurre che da quel saluto si stava profilando una relazione diversa nella Chiesa, nel dialogo interreligioso, nella comunicazione tra il Vicario di Pietro e l’umanità, con quell’attenzione agli ultimi che sarebbe diventata prioritaria sino alla fine. Era chiaro che il Papa “venuto dall’altro mondo” irradiava una nuova luce, dalla quale tutti ci sentivamo investiti, accolti, abbracciati.

La scuola come orizzonte di speranza e crescita

Oggi, mentre scrivo, alla vigilia dell’elezione di un nuovo Vescovo di Roma, confidando di poter di nuovo “fermarmi e sorridere”, non sono più una “giovane” dirigente scolastica come nel 2013, ma coltivo la presunzione – perdonabile perché costruita con la determinante collaborazione di tutto il personale scolastico dell’Istituto che dirigo – di aver contribuito alla formazione di una comunità scolastica capace, pur tra le molteplici difficoltà che assediano tutte le scuole, di “apertura alla realtà”: una realtà di cui “non abbiamo diritto ad avere paura, ma che siamo chiamati a insegnare a capire”, come Papa Francesco ha comunicato al mondo della scuola italiana in un celebre discorso in Piazza San Pietro, un anno dopo la sua elezione.

Così come ripeto ogni giorno, prima di tutto a me stessa e poi ai docenti, che è proprio una scuola complessa, perché radicata nella ricchezza di tanti aspetti umani, sociali, etnici e culturali, il banco di prova del valore dell’azione d’insegnamento, perché Gesù direbbe “se amate solo quelli che studiano, che merito avete? Qualsiasi insegnante si trova bene con questi studenti”, secondo le parole rivolte da Papa Bergoglio a insegnanti, dirigenti, educatori e formatori. Ed è proprio con la forza di quest’inestimabile eredità pedagogica che la popolazione scolastica mondiale, qualunque sia il credo di appartenenza, sta attendendo un nuovo successore di Pietro, nel segno di quella speranza che Papa Francesco ha custodito e coltivato per tutti, a cominciare da chi non ne ha.

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