Trend in ascesa: l’investimento nelle opere d’arte

Trend in ascesa: l’investimento nelle opere d’arte sta per raggiungere un vero boom. La differenziazione del portafoglio è una metodologia importante, a prescindere dall’interesse e dalla conoscenza del prodotto. Ce lo spiega come sempre, il nostro esperto d’arte Marco Antonio Comito, con la solita capacità professionale e semplicità nell’argomentare.
Trend in ascesa e terra di conquista
La terra di conquista degli investitori, oggi è sempre di più quella dell’opera d’arte.
E chi investe, non è necessariamente amante della materia, a volte anzi, è totalmente disinteressato, come mi ha insegnato l’esperienza sul campo. Tuttavia, esempi professionali a parte, ci sono dati ben precisi che ci illustrano questo trend in ascesa. A partire dalla ricerca Deloitte Art & Finance Report 2017, nella quale due persone su tre sostenevano di non comprare opere per meri fattori emotivi, ma per diversificare il proprio patrimonio.
Arte al posto di azioni, oro, immobili
Nel medesimo studio emergevano altri passaggi indicativi: nove gestori patrimoniali su dieci, quasi l’unanimità, si dichiaravano certi che i beni artistici e gli oggetti da collezione dovessero essere inclusi nel proprio pacchetto di servizi offerti.
Il motivo? Stando al 55% di loro, perché a chiederlo erano proprio gli investitori: mettere opere d’arte nell’asset.
Arte e finanza vivono ormai in simbiosi
Ciò vale soprattutto in un periodo di crisi economica come questo, in cui il valore degli immobili o quello azionario possono variare sensibilmente: l’arte, per contro, quando non è in crescita, tende ad avere comunque un valore costante. Dunque mette al riparo da brutte sorprese. In più, com’è noto a chi investe, presenta vantaggi fiscali non indifferenti. Lo confermano i numeri di Artprice 2018: negli ultimi dieci anni l’investimento nell’arte in Italia e in altri 14 Paesi del mondo, ha sempre battuto l’investimento nel mattone. Difficile pensare che siano tutti amanti di pittura, scultura, fotografia e design.
È semplicemente business.
Non si può improvvisare
In un settore tanto complesso, non ci si può improvvisare: bisogna scegliere con cura il periodo storico su cui investire e l’artista su cui puntare.
Per farlo servono strumenti specifici ben conosciuti dagli operatori, molto meno a chi si avventura per la prima volta nel mercato: servono competenze non solo artistiche, ma anche finanziarie, legali ed economiche.
I consulenti rivestono perciò un ruolo cruciale. Ci sono, ad esempio, gli art fund, in cui le collezioni vengono convertite nel patrimonio di un fondo e affidate alla custodia di un deposito. In quel caso, chi investe, si limita a sottoscrivere la propria quota, versando il denaro e fidandosi del lavoro di chi amministra.
Diversa e più coinvolgente è l’esperienza con l’art dealer, che rende più consapevole dell’investimento colui che compra l’opera, facendolo in un certo modo partecipe di più, coinvolgendolo sull’andamento che l’opera stessa ha sul mercato.
L’arte contemporanea la fa da padrona
In tale prospettiva l’arte contemporanea la fa da padrona: da un lato è più fluttuante, dall’altro è quella che, nel breve termine, può compiere i balzi maggiori, in quanto non ancora storicizzata.
Se poi la scelta viene fatta con oculatezza, tenendo conto della biografia dell’artista, delle mostre fatte, dei cataloghi e dei suoi coefficienti, ben difficilmente ci si potrà trovare davanti a cattive sorprese.
Non sono opinioni, ma è lo specchio dell’indagine di Plus24, secondo cui il trend del mercato mette in cima all’interesse degli investitori l’arte del dopoguerra e contemporanea, seguita dal 900 e dal moderno.
Talvolta ci si ritrova così collezionisti senza neppure amare troppo questo mondo, ma con la certezza di aver investito al meglio (e al riparo) le proprie risorse.
Le Aziende sostituiscono i mecenati
I dati, d’altra parte, parlano chiaro: i mecenati contemporanei non sono più persone fisiche, ma le aziende, che decidono di legarsi in qualche modo all’arte. Il primato appartiene alla figura eterea delle banche, attraverso le proprie fondazioni. Ecco, quindi, che il valore di un’opera, assume tutt’altro significato rispetto ad un tempo. E ciò vuol dire anche che muoversi sull’onda dell’emotività, una volta fulcro di ogni compravendita, risulta addirittura sconsigliabile.
Meglio, molto meglio, agire con oculatezza.
