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SPORTBOUNCE. La differenza tra avversario e compagno di squadra

L’ avversario e il compagno di squadra

La differenza tra avversario e compagno di squadra? No, non è intuibile a buon senso.

Esempio 1: il bambino

La differenza tra avversario e compagno di squadra è roba da addetti ai lavori.

Lo sport sembra sempre intuibile, questo è dovuto al fatto che ci entra in casa ogni giorno, ma è un’impressione sbagliata che ha un rimbalzo notevole nelle vite private.

Posso bere acqua ogni giorno senza conoscerne la formula, giusto? Tutti in coro, sì.

Io guido molto ma non saprei trovare il carburatore della mia auto. Sinceramente non so neanche che macchina sia.

La stessa umiltà non si riserva al mondo dello sport: tutti credono di sapere tutto.

A 9 anni si capisce la differenza tra avversario e compagno di squadra

La vera differenza tra avversario e compagno di squadra si sviluppa mediamente intorno ai 9 anni. Prima il bambino vede un concorrente anche in chi veste gli stessi colori, per un semplice fatto: gli ruba la palla (o il disco) che è il vero oggetto del desiderio.

Prima della fase 2 quindi il bambino sente la «avversarietà» in tutti, in fondo sono tutti elementi che potenzialmente gli tolgono la possibilità di marcare punti e stare al centro dell’attenzione.

Il passaggio viene effettuato solo per disperata mancanza di opzioni, e sbagliano gli allenatori che si sbracciano in prediche o (peggio) urli «e passa quella palla». L’unico mezzo educativo e velocizzante la crescita è una difesa avversaria forte.

Ce ne sarebbe un altro: la classifica degli assist. E un altro ancora: la classifica (con premio) degli interventi difensivi.

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«Oggi Pier-Cosimo non ha segnato punti ma ne ha impediti 3 e ne ha favoriti 5 con dei passaggi preziosi».

Ecco, una classifica alternativa.

Un’induzione alla lettura che passa attraverso il protagonismo naturale e che non si oppone a questa caratteristica antropologica che va accudita, accompagnata e gestita, non bastonata o urlata.

Esempio 2 (tra tanti).Il “taglio” di squadra

Non solo nelle nazionali si compete per il posto in squadra, anche nei club, professionali e amatoriali.

Si parte – magari – da 40 giocatori per stringere a 20 (dipende dal tipo di sport) per arrivare ad una rosa di 20/23 di cui una parte andrà in panchina, qualcuno in tribuna.

Ma ancora più particolare, il “taglio” sugli ingaggi, il gruppo di sei o sette che nella preparazione estiva “sono in prova”. Non si tratta solo di essere bravi o no, ma di passare davanti o restare dietro ad altri (magari amici) dello stesso ruolo.

Si sa bene con chi si compete: banalizzando, il terzino destro fa “la sua gara” su un simile di ruolo, non sul portiere.

Poi, quando giocano, viaggiano e – soprattutto – hanno una missione comune come salvezza o promozione o titolo, allora sì, sono solo compagni di squadra.

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