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Scenari futuri: una nuova ripartenza dopo il COVID-19

Scenari futuri. La ripartenza – Foto di J Ramirez

Scenari futuri. Siamo ancora in fase 1 e la fase 2 deve ancora avvenire: Non sappiamo ancora bene con quale modalità ripartiremo, ma la certezza è che dovremmo ripartire tutti. È ora di cominciare a pensare fin da subito agli scenari futuri. Anche un punto fondamentale dello sviluppo del nostro Paese, la scuola si domanda appunto quali scenari futuri si prospettano.

Negli scenari futuri non c’è la fine del mondo

Uno dei più rinomati sociologi viventi, Richard Sennett, ha recentemente affermato che il coronavirus è una sfida alla nostra capacità di affrontare il mondo, non la fine del mondo.

In effetti, nonostante la dimensione surreale delle strade e la maggiore somiglianza delle persone che incontriamo con i personaggi di “X files” più che con i nostri vicini di casa, probabilmente abbiamo davanti a noi un’opportunità unica di ripartenza, come cittadini ed esseri umani.

Non mi riferisco solo alla diffusione dello svolgimento del lavoro in modalità “da remoto”, alla didattica a distanza che sta impegnando da mesi le scuole, alla revisione globale del sistema sanitario.

In ballo, schiacciando sul tasto reset, quando la pandemia si potrà considerare finita, forse ci sarà qualcosa di primordiale, più vicino all’Arca di Noè che alle avveniristiche soluzioni che le Aziende balneari stanno immaginando per le nostre vacanze al mare.

La riscoperta dell’essenziale

In ballo c’è l’opportunità di riscoprire l’essenziale, ovvero le persone e le cose che contano sul serio.

La sacrosanta permanenza forzata nelle case, con la sola possibilità di uscire per recarsi al lavoro o per acquistare generi alimentari, ha sicuramente “scremato” la nostra esistenza di molte sovrastrutture e di agognati – almeno nell’immaginario – progetti di mobilità; ha sfrondato la realtà di mode e consuetudini accessorie per restituirci a noi stessi.

Il risveglio dei ricordi passati

Per quanto mi riguarda, mi sono stupita di ricordare un episodio della mia infanzia, che avrebbe potuto rimanere sepolto per sempre sotto strati di inconscio e invece è riaffiorato, non con una prevedibile nostalgia, ma con un inedito sapore, attuale e inaspettatamente confortevole: sul balcone di casa – unica prospettiva “esterna” che possiamo al momento permetterci senza cautele o sensi di colpa! – mi sono rivista bambina, quando, su una sdraio degli anni ’60, aspettavo, nelle mattine di vacanza estiva, che mio padre tornasse dalle sue solite uscite mattutine, portandomi la focaccia e il giornalino preferito.

L’aspetto interessante è che non ho ripensato a quel quadretto famigliare perché “costretta” a contenere le attese entro il perimetro del balcone, ma per il piacere “assoluto” di ritrovarmi lì, assaporando, da adulta, la stessa condizione di domestica serenità.

Nello scrigno del cuore sicuramente conservavo questo piccolo tesoro privato, ma ne avevo smarrito la chiave, nel ritmo frenetico di una vita improntata agli impegni, al conseguimento di obiettivi, alla concentrazione verso traguardi, personali e professionali.

Passato il coronavirus

Passato il coronavirus, quando torneremo certamente agli abbracci, ma dovremo fare i conti con un’emergenza economica che inevitabilmente diventerà sociale, la riscoperta dell’”essenziale” potrebbe rappresentare una preziosa opportunità.

La riduzione della “densità” non riguarderà soltanto la messa a sistema – chissà per quanto tempo – della distanza di sicurezza tra le persone, ma la necessità di discernere ciò che è davvero irrinunciabile dal superfluo, indotto da input collettivi o da sollecitazioni di massa.

La riscoperta dell’individualismo tra gli scenari futuri

Riscopriremo, forse, un individualismo che nulla ha a che fare con l’allentamento della relazione, l’egocentrismo o la solitudine. Tutt’altro. Potrebbe essere l’occasione per ritrovare qualcosa di noi, più autentico, più vero, che ci porterà ad una maggiore comprensione di ciò che ci unisce ai nostri simili, davvero simili in quanto portatori dei nostri stessi diritti e della dignità che deve contraddistinguere la nostra umanità.

È già avvenuto nell’ambito sanitario e, in particolare, ospedaliero, dove l’attuale percezione dell’operato ininterrotto di tanti medici e del personale infermieristico, spesso fino al sacrificio della stessa vita, ha reso finalmente giustizia a chi quotidianamente lavora al servizio della nostra salute.

Sta avvenendo nella scuola

Sta avvenendo nella scuola. La categoria degli insegnanti e, in generale, del personale che nei rispettivi ruoli presta servizio presso le Istituzioni scolastiche, fino a qualche mese fa non godeva di certo di un impatto reputazionale molto positivo: dall’assegnazione di un voto ritenuto ingiusto sino all’esumazione dell’indignazione per i mesi di vacanza, la scuola era spesso bersaglio di giudizi sommari e pregiudizi radicati.

Oggi, con un margine di programmazione e predisposizione dell’azione didattica molto vicino allo zero, i docenti sono stati chiamati a promuovere la didattica a distanza, diventando gli attori principali di un’accelerazione epocale al processo di digitalizzazione che ha previsto l’insegnamento da remoto come l’unica garanzia dell’accesso costituzionale alla scuola da parte degli studenti di ogni ordine e grado.

Un patto di corresponsabilità

È una sfida che ha chiamato gli insegnanti, gli alunni e le famiglie a rinnovare un patto di corresponsabilità educativa che sicuramente concorre ad inaugurare una nuova stagione, dalle scuole alla società civile: una “primavera”, non solo da osservare dalle finestre e dai balconi, ma da vivere, in nome di una rinnovata coesione sociale.

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