Roma pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo
A Palazzo Braschi a Roma fino al 4 maggio 2025

Nel periodo che la mostra ripercorre, Roma diventa pian piano luogo prediletto di lavoro e formazione per artiste italiane e straniere, una città cosmopolita insomma, che permette loro di lavorare in modo più libero. È infatti nella città eterna che le donne sono accolte, per la prima volta in Europa, nelle accademie accreditate di San Luca, dell’Arcadia e dei Virtuosi. Un requisito con il quale vengono riconosciute in un ambiente professionale ancora del tutto maschile. Il percorso della mostra, cronologico e tematico, descrive il difficile conseguimento del loro accesso alla formazione e all’inserimento nel mercato internazionale dell’arte.
Roma Pittrice

Nel cuore del centro storico di Roma, fra piazza Navona e corso Vittorio Emanuele, si può visitare fino al 4 maggio a Palazzo Braschi (sede del museo di Roma) la mostra Roma pittrice. Artiste al lavoro tra XVI e XIX secolo. L’esposizione presenta 56 artiste che dal 1500 al 1800 hanno vissuto, lavorato e studiato a Roma, e soprattutto realizzato opere di grande rilievo, per essere poi spesso relegate in una sorta di oblio storiografico.
L’obiettivo della mostra è farle riemergere dall’oscurità e ricostruirne le vicende biografiche. Un’operazione complessa, come raccontano nella documentazione prodotta le curatrici Ilaria Miarelli Mariani e Raffaella Morselli: molte di loro erano poco presenti nei documenti storici, relegate a ruoli minori, come nei costumi dell’epoca. Non di rado la loro produzione è stata confusa con quella dei loro maestri o familiari uomini e, per rintracciarne la realtà storica, è stato compiuto un lavoro certosino di ricerca con il recupero di fonti tralasciate o mai utilizzate, oltre a diari, corrispondenze, autoritratti e firme.
130 opere per Roma Pittrice
L’esposizione, che propone 130 opere, si apre simbolicamente con il ritratto di una giovane pittrice di nature morte, la cui identità è ancora ignota, realizzato da Pietro Paolini. Seguono le notissime Lavinia Fontana e Artemisia Gentileschi. Lavinia Fontana (1552 – 1614) avvia la sua carriera artistica a Bologna nella bottega del padre Prospero per poi trasferirsi negli anni della maturità a Roma dove ottiene numerosi incarichi di prestigio. È suo marito però, il pittore Giovanni Paolo Zappi, a firmare i contratti per lei. L’artista eccelle soprattutto nei ritratti: dipinge donne nobili, facendone emergere aspetti psicologici ed emotivi. I suoi quadri le ritraggono nel loro ruolo di madri di personaggi importanti, di angeli del focolare, di figlie e di mogli.


La storia e la grandezza di Artemisia Gentileschi (1593 – 1654) sono note. Formatasi a Roma con il padre Orazio in un periodo storico in cui le figlie femminine erano ancora escluse dall’attività artistica, se ne allontana dopo il processo per stupro contro Agostino Tassi. Artemisia è la prima donna ad essere ammessa all’Accademia fiorentina delle Arti e oltre a Roma, lavora per importanti committenti a Firenze, Venezia, Napoli, e soprattutto in altri paesi europei. Torna nella città natale, ormai famosa, negli anni venti. La sua arte è associata in particolare alla rappresentazione di donne che si ribellano alla violenza maschile, da lei stessa subita. Ne è esempio il quadro de La Giuditta e la sua serva con la testa di Oloferne (1640 ca.) presente all’esposizione.
Artiste poco conosciute
A parte singole eccezioni, la maggior parte delle artiste di questa mostra sono poco o per niente conosciute come Giustiniana Guidotti Borghesi (1600? – 1634); anche lei studia presso la bottega del padre, ed è una delle prime donne ammesse all’Accademia di San Luca. Oppure come Ida Botti o Amalia De Angelis, il cui catalogo è attualmente in fase di ricostruzione. O ancora come Maria Felice Tibaldi Subleyras, Laura Piranesi, Marianna Candidi Dionigi, Louise Seidler ed Emma Gaggiotti, le cui opere erano per la maggior parte conservate nei depositi.
Nella sezione dedicata ai secoli XVI e XVII sono molte le pittrici che si sono dedicate al ritratto. Ciò si spiega con le persistenti difficoltà nello studio in presenza, e quindi con la necessità di dipingere, in mancanza di committenti, se stesse o membri della propria famiglia. Fra queste colpisce l’unica opera nota di Claudia Del Bufalo che raffigura la sorella Faustina nel suo abito nunziale (1604). Il dipinto è documentato nel 1632 nel Casino presso Villa Borghese, e rimane per diverso tempo nella sala riservata ai ritratti, parte della collezione di Scipione Borghese, un importante collezionista seicentesco. Se ne deduce che la pittrice godesse di una certa fama, almeno a Roma.

Più incerta è la ricostruzione dell’opera di Caterina Ginnasi (1590-1660), ritrattista e autrice di dipinti storici, anche lei ammessa all’Accademia di San Luca. La collezione di ritratti e autoritratti dell’Accademia di San Luca è molto importante per comprendere il progressivo riconoscimento delle donne come artiste di livello. Comunque solo quelle che raggiungono una certa notorietà vi sono ammesse a partire dal 1607, e sempre con diverse limitazioni.
Nel ‘600 le artiste emergenti sono figlie di pittori affermati
Per tutto il seicento, le artiste che riescono ad emergere, o almeno a esercitare la propria arte, sono figlie di pittori affermati e studiano a bottega. Oppure possono esercitarsi in ambiti protetti quali una famiglia aristocratica o borghese o in convento.


I costumi cambiano nel secolo successivo, come dimostra il percorso artistico di Angelika Kauffmann (1741-1807). Pittrice di fama internazionale, intellettuale e collezionista svizzera, si trasferisce a Roma definitivamente nel 1782. Una delle sue opere esposte alla mostra, titolata Hope (Speranza) fa parte del suo primo periodo di residenza nella città eterna (1763-1765) e sancisce la sua ammissione all’Accademia di San Luca nel 1765. Si specializza nella pittura di genere storico, un campo all’epoca riservato agli uomini, e nel ritratto mitologico.
Alla sua morte Roma le tributa un funerale istituzionale organizzato da Antonio Canova e un suo ritratto in marmo dell’anno successivo viene collocato nel Pantheon – attualmente si trova alla Protomoteca Capitolina.
Gli spazi di libertà del XIX secolo
All’inizio del XIX secolo, le artiste acquistano maggiori spazi di libertà e si misurano con tutti i generi pittorici e scultorei. Non solo: frequentano i corsi delle Accademie di Belle Arti istituite dal governo napoleonico, anche se la formazione resta in parte distinta da quella dei loro colleghi maschi. Dei cambiamenti sono visibili anche nelle mostre internazionali in Campidoglio: nel 1809 le artiste sono 6 su 64 partecipanti, 1810 8 su 59. Troviamo anche le prime pittrici con un atelier proprio, come la principessa Mathilde Bonaparte (1820-1904), che trascorre l’infanzia a Roma, per poi spostarsi a Firenze e infine tornare a Parigi. I suoi atelier sono a un tempo luoghi di incontro e lavoro.


Figlia di questo nuovo spirito è anche la romana Emma Gaggiotti (1825-1912) che in un ritratto fotografico si firma “pittrice e patriota”. Partecipa ai moti risorgimentali ed è apprezzata da artisti e poeti contemporanei per le sue doti artistiche. Si specializza nel ritratto e in temi allegorici che le aprono le porte della committenza londinese della regina Vittoria e del principe Albert. Un suo autoritratto, che la mostra vestita di scuro e senza ornamenti, da vera artista, è esposto con molto successo alla mostra della Royal Academy nel 1851 e viene replicato per diversi committenti di prestigio.
Gaggiotti si trasferisce poi a Berlino nel 1853, dove ritrae il principe Guglielmo, il naturalista Alexander von Humboldt e diversi nobili tedeschi. È databile nel periodo 1849 – 1853 il quadro a pastello e a tempera, presente all’esposizione, in cui l’artista si raffigura insieme alla sua famiglia, con i genitori, il figlio e il fratello. Nel dipinto tiene orgogliosamente la tavolozza e i pennelli in mano, d’altra parte la pittrice contribuisce a sostenere con la sua arte la famiglia.
La mappa di Roma Pittrice a Palazzo Braschi
Nella Roma del XIX secolo le artiste, in molti casi figure ancora da scoprire, crescono di numero. Come Erminia De Sanctis e Virginia Barlocci, di cui si conservano vari lavori nelle collezioni capitoline, ma che sono un’assoluta novità espositiva.


La mostra a palazzo Braschi termina con una mappa con la quale si puòcontinuare la visita in città: contiene infatti le indicazioni di tutte le opere di artiste esposte in luoghi pubblici e accessibili. Un bel contributo che restituisce a donne di talento il riconoscimento ad esse dovuto.
