Raffaella Ranise ospite de Il Salotto Letterario di Daniela
Raffaella Ranise
Incontriamo Raffaella Ranise, scrittrice, giurista e in passato collaboratrice della cattedra di Diritto del Lavoro presso l’Università di Genova. Ha pubblicato, insieme a Giuseppina Tripodi, “Rita Levi-Montalcini: aggiungere vita ai giorni” (2013, Longanesi), e “Noi un punto nell’universo” (2016, Marsilio) in collaborazione di Francesca Matteucci. Con quest’ultima casa editrice ha anche pubblicato nel 2018 “I Romanov. Storia di una dinastia tra luci e ombre”. Nel 2022 è uscito sempre per Marsilio “Gli Asburgo da Sissi a Zita”.
Ciao Raffaella, grazie per aver accettato di partecipare al mio salotto letterario. Leggo nella tua biografia che hai studiato giurisprudenza e che hai fatto la ricercatrice. Poi dieci anni fa hai cominciato a scrivere libri di scienza e di storia. Sei una persona dai molti interessi… raccontaci: chi è Raffaella Ranise?
Grazie a te, cara Daniela, e complimenti per le iniziative culturali che crei e curi. Chi sono? sono una donna che vive con impegno ed entusiasmo, sempre. Mi sono laureata in Giurisprudenza nel 1992 e sono stata agente di assicurazione fino al 2006, poi ho fatto una scelta radicale. Come mamma di due figli piccoli ho avuto difficoltà a conciliare i tempi di lavoro e ho deciso di interrompere una strada certa per l’incerto. Devo ringraziare mio marito che mi ha sempre supportato nelle mie scelte. A quarant’anni ho contattato la professoressa Enrica Minale e ho ripreso a studiare diritto del lavoro, per capire perché fosse così difficile in Italia conciliare lavoro e famiglia. Ho collaborato alcuni anni con lei come assistente e cultore della materia.
Come è nata l’idea di curare un libro su Rita Levi-Montalcini? Un omaggio alla grande scienziata, certo, ma anche un volume che attraverso i contributi di diverse donne italiane illustri racconta le sfide che ogni donna si trova ad affrontare, dai pregiudizi, alla difficoltà a imporsi in ambienti dominati dagli uomini o anche al conciliare il lavoro con la maternità.
È nell’ambito di un progetto nato con la professoressa Enrica Minale, dedicato alle grandi donne del nostro paese, che sono entrata in contatto con la Fondazione Rita Levi- Montalcini Onlus e con Giuseppina Tripodi, per quarant’anni accanto della grande scienziata a umanista.
Nel 2013, esattamente dieci anni fa, è uscito il libro “Rita Levi-Montalcini: aggiungere vita ai giorni, dove dieci donne, tra cui Margherita Hack, Carla Fracci, Micol Fontana e Maria Luisa Spaziani hanno raccontato la fatica dietro il successo. Per nessuna di loro è stato semplice, hanno raccontato la lotta contro la diffidenza, il pregiudizio e la solitudine in un mondo lavorativo ancora al maschile. Tutte hanno riconosciuto la spinta data dai loro genitori, che le hanno sempre aiutate, credendo nelle loro potenzialità. Conoscere queste protagoniste è stata un’esperienza entusiasmante che conservo nel cuore.
Dopo Rita Levi Montalcini il tuo libro successivo è nato dall’incontro con Margherita Hack e con Francesca Matteucci, la sua allieva. Parlaci la tua esperienza con questa grandissima donna e astrofisica.
Era impossibile non rimanere affascinati da Margherita Hack. L’ho incontrata la prima volta a Genova, durante il Festival della Scienza, nel 2011. Era piccola di statura, a differenza di quanto si possa pensare, camminava a fatica, aveva la voce sofferente, ma quando iniziava a parlare diventava un’altra persona, si riaccendeva. È stata lei a mettermi in contatto con Francesca Matteucci, oggi una delle più affermate astrofisiche. Francesca mi ha raccontato l’astronomia e insieme abbiamo scritto “Noi un punto nell’universo: storia semplice dell’astronomia.”
Ho cercato di riportare in modo semplice e divulgativo il nostro rapporto con l’universo e le nostre domande esistenziali, che da sempre accompagnano la storia dell’umanità. È stata una sorta di terapia per superare le mie paure esistenziali e la vertigine che provo se penso all’universo.
Dalla scienza sei passata alla storia con un libro sulla dinastia dei Romanov. Un racconto che ripercorre trecento anni e descrive sete di potere, debolezze, intrighi dei protagonisti fino all’epilogo, quando la famiglia reale viene trucidata. Cosa si fa una ricerca storica tanto complessa?
La passione per la storia delle case regnanti è nata in seguito a una visita al Museo della Moda e del profumo della Maison Daphnè di Sanremo, dove, per un evento, era esposta la collezione dedicata alla Russia dell’Ottocento. Ho capito che avrei raccontato la storia dei Romanov cercando di raccontare la vita delle persone al di là del ruolo.
Devo ringraziare la casa editrice Marsilio che ha creduto nel progetto e ha scelto di fare una collana editoriale dedicata alle case regnanti. Le copertine sono floreali, tratte da foulard della maison sanremese.
I miei libri portano in un mondo lontano e privilegiato, ma spesso le protagoniste hanno avuto vite tragiche, forse per questo piacciono ancora oggi. La ricerca storica è la parte più affascinate, dopo aver studiato in modo approfondito il periodo e il personaggio, ricerco testi non più in commercio e fonti inedite, per aggiungere qualche dettaglio in più. Chi scrive ama la solitudine e passare molto tempo in compagnia di libri polverosi!
Una domanda di rito: scrivere è sempre stato il tuo sogno segreto? Dicci un po’: come e perché hai cominciato a scrivere?
Scrivere è sempre stato il mio sogno nel cassetto, come hai detto tu. Il primo romanzo è stato pubblicato da un editore locale. Non avevo idea di che cosa fosse il mondo dell’editoria. Il salto è avvenuto con il libro in memoria di Rita levi- Montalcini, perché sono entrata in contatto con la Longanesi, un fiore all’occhiello dell’editoria italiana. Ho imparato molto e sarò sempre grata alle persone che hanno seguito il testo.
Che progetti hai per il futuro?
A ottobre uscirà per Marsilio il nuovo libro dedicato alle regine inglesi! Non vedo l’ora di parlarvene! Per ora non posso svelare di più.
Ci lasci una citazione da uno dei tuoi libri? Qualcosa in cui ti riconosci, che ti rappresenta…
Ti scrivo l’incipit di “Noi un punto nell’universo”, perché spiega la mia passione per la storia narrata attraverso le persone.
“L’unicità dei nostri attimi è tanto più intensa quanto più siamo consapevoli della nostra precarietà, perché il nostro essere inesorabilmente fragili è l’aspetto che lega e unisce ciascuno di noi. Tra queste incertezze vi è tuttavia un filo conduttore ed è il nostro cammino nella storia; ripercorrere con umiltà e semplicità il passato forse ci può aiutare.”
Grazie di cuore, Raffaella.
Grazie a te Daniela!