Ondina Valla e Rai: Il Segno delle Donne
Rubrica “Lo sport nelle immagini”
Oggi si parla di missione compiuta e ci riferiamo in particolare a Ondina Valla e la Rai. “Il Segno delle Donne” in onda su RAI Storia lo dimostra.
Ondina Valla
Il passato visivo ha un effetto su come percepiamo il nostro corpo? In altre parole: la visione storica delle atlete donne del recente passato ha ancora una funzione “muscolare”?
Secondo me no, i parametri estetici sono cambiati troppo rapidamente, quello che era un corpo olimpico degli anni ‘50 ormai è un corpo da palestra di quartiere.
Ma il fattore ispirativo resta, torno a Ondina (nata “Trebisonda” Valla perché al papa suonava esotico). Se non ne ho sentito parlare fino all’età adulta significa che non era e non è conosciuta come meriterebbe una simile figura di promozione dello sport e del vivere femminile. Adesso una serie Rai, «Il segno delle donne», le ha dedicato il secondo episodio. Credo che la missione sia compiuta, ma anche qui si rischia di cadere in un dannosissimo luogo comune della (scusate la ridondanza) comunicazione.
Più esposizione uguale più promozione. No, non è vero
Forse era vero nei decenni scorsi. Adesso c’è molta abitudine al linguaggio televisivo e molta offerta, quindi se dai una brutta (o anche solo un po’ piatta) impressione all’inizio ecco che hai perso le opportunità successive e quel maledetto «beh, meglio che niente» (come del resto nello sport) fa i soliti danni indelebili. A volte è molto meglio niente, così ti tieni viva la possibilità.
Questo per dire che fare pietosi e ossequienti omaggi alle donne coraggiose ti farà sentire meglio, darà scuse e carte da giocare in riunioni del CDA ma il risultato è l’allontanamento e non la crescita.
Attenzione, tutti ti diranno che non è così, ma poi i dati d’ascolto dello sport paralimpico ci aprono gli occhi: a voce tutti insieme, a audience tutti a guardare altro.
“Il segno delle donne”
Con «Il segno delle donne» su Ondina Valla invece credo l’obiettivo sia stato raggiunto: il format è semplice ma intelligente. Un’attrice giovane risponde alle domande normali di una giornalista, niente di nuovo nella struttura, ma c’è molto positivo dentro.
L’attrice (Eleonora Giovanardi) rinuncia a essere più brava possibile e prende un tono colloquiale che scorre, aiuta (spero e credo) i giovani utenti di YouTube a dimenticare inconsciamente che siamo nel passato. Il rischio grosso delle impersonazioni è che spesso le attrici di scuola teatrale allontanano, enfatizzano, e chi ti guarda dal telefonino spegne. Lo vediamo in Sport Crime, anche nelle parti attoriali certi curriculum più grossi dobbiamo scartarli per non «amletizzare» le figure.
Rachele Ferrario, la storica che intervista, entra bene nel gioco, la tratta da contemporanea e anche lei usa professionalmente il verbo rinunciare: niente domande da grande ricercatrice e svelamenti di segreti appena trovati nei forum di storia: colloquio.
Non ho ancora visto l’episodio 1
Non ho (ancora) visto l’episodio 1 su Margherita Sarfatti ma Luca (Tramontin) mi garantisce una buona riuscita di Sonia Bergamasco. Mi fido, conosco entrambi. Le impersonazioni cadono facilmente nel ridicolo, quindi brave.
E mi concedo anche di dire che sono stufa di sentire dire «beh dài, ma ha preso un testo di… comunque ha citato X e Y». Con Google ormai è facile, come è facile fare danni.
Soprattutto allo sport e alle donne, davvero facile.