Norvegia: a 12 anni l’inconsapevole voglia di viaggiare

Norvegia, isole Lofoten. Nasce, inconsapevolmente la voglia di viaggiare di Alessandro. A soli 12 anni, la fantasia può farti “vedere” il futuro proiettato su “un pezzo di intonaco di periferia”. Questo è accaduto al nostro Alessandro Mangione, che ci descrive una nuova esperienza di viaggio e di sentimenti. Si perché i suoi sono racconti di viaggio, ma anche di cuore e di emozioni.
Alessandro bambino
Di Alessandro bambino ho ricordi vaghi e sparpagliati. Tuttavia, due cose sono piuttosto vivide nella memoria di quel tempo. L’assenza del babbo e il fatto che mia madre facesse una gran fatica per crescere me e mio fratello. Mi ero autoimposto un fatto in quegli anni: non si fanno domande su mio padre e questo non perché qualcuno mi avesse detto di evitarle, ma bensì perché il mio istinto primordiale era interamente aderente al mondo del gioco, non alla spiegazione di un’assenza. Mi era sufficiente il fatto nella sua ovvietà.
Ai miei 12 anni, un signore pacato inizia a frequentare casa nostra. Paolo ha molte attenzioni verso mia madre e una sera dopo cena ci invita a sedere sul divano, da famiglia vera. Ha con sé un videoproiettore con quale vuole mostrarci le diapositive del suo ultimo viaggio.
Norvegia, isole Lofoten e un sogno sull’intonaco
Sul muro bianco sbiadito scorrono le immagini di un luogo inesistente prima di quel momento nella mia mente.
Il mare cristallino, una spiaggia dorata, una montagna e minuscole casette rosse colorate col tetto triangolare. Sono confuso di bellezza e timidamente chiedo: Come si chiama questo posto? Lui risponde “Norvegia, Isole Lofoten”.
Per la prima volta sento il mio corpo gracilino rovesciarsi di un’emozione che per tutti gli anni a seguire, alla domanda “quale è il tuo sogno?”, mi farà rispondere fedelmente “la Norvegia”. Sono diventato inconsapevolmente viaggiatore a 12 anni sull’intonaco di periferia fiorentina, convinto intimamente che prima o poi quelle isole sarebbero state mie; e ben poco mi importava che non sapessi nemmeno dove fossero, perché i sogni di un bambino dipingono la vita senza i confini della logica. Sono opere di un artista scellerato, incompreso e perfino ubriaco.
Io e Irene alle Lofoten: non è più un sogno
Il giorno che alle Lofoten ci sono arrivato davvero insieme ad Irene è stato un cataclisma in me. Siamo oltre la linea del Circolo Polare Articolo e questo minuscolo arcipelago è collegato da un’unica strada, la E10, che tiene queste isolette collegate da nord a sud. Dal bus sul quale viaggiamo per raggiungere una destinazione finora solo sognata, si osserva il panorama nel silenzio che le cose straordinarie richiedono. Chiudendo gli occhi, mentre attraversiamo queste isole, si ha la sensazione di essere sospesi su un filo in mezzo al mare.
Siamo equilibristi pazzi che sperano di cadere giù.
Haukland Beach

È il giorno di vedere Haukland Beach. Il bus, che ci scarica a 6 km dalla spiaggia è costato un salasso, ma la verità è che sono stufo di misurare in soldi le esperienze della vita. Piove nonostante sia luglio abbondante e i nostri k-way sono già fradici dopo qualche centinaio di metri.
Attorno a noi il paesaggio è di una bellezza che percepisco come incomprensibile. Questa casetta incastrata in una montagna agghindata di ruscelli scintillanti, mi fa credere che talvolta i posti sanno essere così incredibili da sembrare scenografie create ad hoc. Mi piace credere ci sia uno sceneggiatore astuto che raggiunge i posti prima di me, li monta perfettamente per sbalordirmi per poi correre al paesaggio successivo, lasciandomi lì, senza parole, ad ammirare le sue creazioni. Rincorro i tuoi luoghi da anni ma sappi che non ho nessuna intenzione di raggiungerti.
Camminiamo un’ora sotto la pioggia che ormai ha inzuppato il mio cervello di sensazioni nuove. Di tanto in tanto si parano davanti a noi degli animali selvatici ma sembrano noncuranti della nostra presenza, quasi volessero dirci “Coraggio, andate avanti, non perdete tempo lungo la strada, quella spiaggia non è poi così lontana”.
Quando finalmente di fronte ai nostri occhi si spalanca la vista su Hauckland Beach penso che a 12 anni avevo capito la vita senza saperlo. Il mare visto da quassù è un’indefinita moltitudine di blu.
Se dovessi far addormentare un bambino parlerei di Haukland Beach. Se dovessi far sognare un adulto parlerei di Haukland Beach.
Sussurro ad Irene “Non è possibile, tutto questo non è possibile”.
Cuore e occhi

Imparo adesso che si è felici ogni volta che il cuore e gli occhi entrano simmetricamente in asse; quasi sempre è questioni di attimi e la materia in questione si chiama geometria d’anima.
Corro giù alla spiaggia trascinando Irene con la mano per fretta di vivere da dentro quel fazzoletto di terra baciato dagli Dèi. Mi butto sulla sabbia dorata, mi spoglio, poi rotolo, corro, faccio capriole perché la magia di questo luogo non permette di censurare la gioia. Mi calmo dopo qualche minuto sdraiandomi sulla sabbia a far da divano. Accanto Irene: è la mia famiglia vera. Prendo il quaderno degli appunti perché ho una centrifuga di pensieri in testa e voglio scriverne, ma dalla penna proprio non esce niente. Faccio scena muta di fronte ad un foglio che chiede soltanto di essere scarabocchiato. L’inchiostro d’improvviso s’è congelato d’imbarazzo di fronte al maestoso Mare del Nord.
Per molti anni ancora ho riguardato quella pagina bianca. Lo ammetto, sono l’autore di righe non scritte. Quel giorno fui un’incompletezza che ancora oggi considero perfetta.
