Monet dalle sue fiabesche ninfee un richiamo alla realtà

Scuola, guerra, profughi ucraini e i quadri di Monet. Mettere insieme questi quattro punti non è impresa facile. Purtroppo la storia degli ultimi due anni, ci ha insegnato che quello che sembrava impossibile, è possibile. Il compito di un Dirigente Scolastico già difficile di suo è diventato complicatissimo. Un “bagno” per immergersi nella realtà è necessario e lo spunto può arrivare proprio dalle ninfee di Monet. Almeno per la nostra Dirigente Scolastica.
I Quadri di Monet
Nel Capoluogo della mia Regione, la Liguria, e nel troppo breve arco temporale che si è coraggiosamente insinuato tra i segnali di allentamento della pandemia e l’inizio di una guerra europea a due ore di volo dal nostro Paese, molti genovesi, come me, sono stati tra i primi visitatori di una Mostra di quadri di Monet.
Personalmente sono entrata nella suggestiva cornice delle Scuderie di Palazzo Ducale a metà febbraio, per immergermi nei colori fluttuanti delle tele del pittore parigino. Animata da una sorta di desiderio di purificazione dalle scorie di un anno scolastico senza precedenti. Sono stati mesi nei quali, come tutti i Presidi, anziché occuparmi prioritariamente della governance organizzativa ed educativa, ho dovuto quotidianamente, e anche in tarda serata, assumere decisioni in materia sanitaria. Spesso tra l’assenza e la contraddittorietà di provvedimenti di quarantena. In equilibrio precario tra indicazioni ministeriali che si rinnovavano nei fine settimana e le esigenze di chiarezza e di sostenibilità delle modalità di applicazione legittimamente rivendicate dalle famiglie degli alunni.
Le tele di Monet e il richiamo alla realtà
Invece, tra le tele, anziché un’evasione emotiva, ho trovato un forte richiamo a quel principio di realtà che oggi, nel pieno del conflitto bellico, chiede alle scuole italiane di accogliere i giovani e giovanissimi profughi ucraini. Dinamizzando il fermo immagine organizzativo e rinnovando gli assetti didattici delle Istituzioni scolastiche.
Uscendo da Palazzo ducale, avevo ben chiaro il significato del commento di Émile Zola sul “pittore di marine”. Capace di “dipingere l’acqua senza insulse trasparenze, senza riflessi menzogneri. In lui l’acqua è viva, profonda, soprattutto vera. Non è affatto l’acqua fittizia, cristallina e pura dei pittori di marine in studio. E’ anche l’acqua dei porti e dell’oceano che si avvoltola scuotendo la propria schiuma imbrattata”.
Entrando nelle Plessi, nei giorni successivi che hanno segnato l’inizio del conflitto sino a questo tempo in cui le scuole, come le città, sono chiamate ad organizzare l’accoglienza del popolo ucraino in cerca di salvezza, è stato ben chiaro che ancora una volta l’emergenza proietta di nuovo coni di luce su criticità preesistenti e questioni aperte da troppo tempo.
Un “agente di benessere”
Si tratta di affrontare una volta per tutte la necessità di avvalersi sistematicamente di un supporto psicologico. Anche nelle scuole del primo ciclo d’istruzione e non per “medicalizzarle”. Ma per poter contare su un “agente di benessere”. Preparato per affrontare il crescente stato di ansia, la percezione di inadeguatezza e la volontà di isolamento che affliggono molti studenti. Un disagio che, se rapportato alle condizioni dei ragazzi scampati alla guerra e giunti in Italia stremati fisicamente e psicologicamente, assume proporzioni allarmanti. Il richiamo ministeriale ad offrire ai piccoli profughi non solo un’accoglienza relativa alla frequenza scolastica ma finalizzata a coinvolgere anche i nuclei familiari e ad offrire occasioni di socializzazione in orario extra-curricolare, ripropone il tema dell’alleanza territoriale tra le scuole e il terzo settore. Fondamentale per una progettazione educativa inclusiva. Soprattutto nelle aree maggiormente svantaggiate, dove è più alto il tasso di dispersione scolastica.
Un problema di mediazione culturale
Soprattutto è la difficoltà, spesso l’impossibilità, di contare su un servizio sistemico di mediazione linguistica e culturale, che in talune realtà langue già da diversi anni, l’aspetto a mio avviso più impegnativo. Per questo il Ministero dell’Istruzione ha opportunamente e tempestivamente stanziato un milione di euro per l’accoglienza di bambini che, come ha affermato il Ministro Bianchi “non parlano italiano, sarà una prova importante per le scuole. Ci sarà un problema di mediazione culturale e dovremo fare tesoro anche noi di un’esperienza fondante per avere un paese più forte”.
Certamente, sarà un “tesoro”. Tanto più prezioso se la scuola, che anche nell’emergenza, sanitaria o sociale, non deve derogare al ruolo di Comunità educante, saprà fronteggiare il rischio di semplificazioni. Nella considerazione dei popoli che su entrambi i fronti si trovano a subire le conseguenze di interventi militari e soprusi.
“I piani alti dei grandi propositi e il piano terra degli atteggiamenti”
Personalmente, per le iniziative che ho avviato e seguito nella realizzazione, e “al plurale” per la condivisione e la collaborazione di docenti e personale amministrativo, ho aperto i Plessi degli Istituti Comprensivi che dirigo. – Uno di titolarità, “Sestri Est” e uno di reggenza “San Francesco da Paola” – alle operazioni di raccolta di alimenti e indumenti da far arrivare alla popolazione ucraina. Inoltre, in ambito specificatamente scolastico, avvalendomi del supporto di una Docente che ricopre il ruolo di Funzione Strumentale per l’Intercultura, ho collaborato con l’Ufficio Scolastico Regionale. Per la predisposizione di modelli d’iscrizione tradotti in ucraino che sono anche all’attenzione della regione Liguria per essere diffusi nell’info point che si occupa dell’accoglienza in Città.
Sicuramente la sfida del presente impone il raggiungimento di altri e ben più impegnativi risultati. Ma è lo spirito attivo e concreto che consente di raggiungere quegli obiettivi intermedi che possono diventare davvero obiettivi di prospettiva. La resilienza non occupa solo i piani alti dei grandi propositi. Ma anche il piano terra degli atteggiamenti, dei comportamenti, delle piccole e grandi decisioni di ogni giorno. In un’incessante, concreta e quotidiana testimonianza di dialogo.

Dirigente Scolastico
