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Luca Tramontin star al Gala ‘’ Care to Action ’’ della ‘’Haute-Milano’’

Care to action: Con Monica Mattiolo: due nomi di Sportitalia in versione "Haute Couture" per l'India in sofferenza
Con Monica Mattiolo: due nomi di Sportitalia in versione “Haute Couture” per l’India in sofferenza

Parole chiave: Luca, star, care to action, Haute Milano

Data fissa della “Haute-Milano” elitaria, scintillante e benefica, la serata di Super Gala a favore di progetti di sviluppo* in India di “Care to Action“, presieduta da Elisabetta Zegna, ha avuto come ospite, immediatamente diventato protagonista (e addirittura premiato) l’atleta, protagonista di Sport Crime e columnist di questa testata Luca Tramontin.

Implacabili più delle ‘’Iene’’ non potevamo non contattare Luca per saperne di più attraverso le nostre domande un po’ fuori dagli schemi, in attesa delle sue risposte sicuramente fuori dagli schemi.

Se siete curiosi, continuate a leggere; se non lo siete, chissà, potreste diventarlo strada facendo!

Come ti trovi a una serata di gala super elegante con l’élite milanese nel mondo delle buone maniere e della beneficenza?

In genere male, hai il 75% solo interessati a vendere, loro stessi o prodotti, anche umani, 20% per apparire o presentarti una figlia che non studia, e il 5% davvero per beneficienza o interesse. Questa volta le cifre erano diverse e mi sono divertito, d’altronde altrimenti la mia collega e amica Monica (Mattiolo ndr) non mi avrebbe chiamato.

Ero a un tavolo bellissimo, ho conosciuto 3 persone che vedrete in Sport Crime. Lina Sotis (che non avevo riconosciuto) mi ha detto 2 cose indimenticabili. Mi sono accorto solo guidando verso Lugano che avevo letto i suoi libri.

Come inizia il tuo rapporto con l’india?

Con il Sitar di “Paint it Black” dei Rolling Stones, poi George Harrison, Ravi Shankar, la figlia Anoushka (non certo una raccomandata) e poi con i viaggi e soprattutto il Cricket, lo sport gemello del rugby.

Perché hai definito “la tua India” punk e limitata?

Perché sono di scuola Rolling Stones e Iron Maiden, cioè di occidentali consapevoli di non poter capire tutto e (in questo caso specifico) di non essere indiani. Prendo, capisco, assorbo dei pezzi, senza la presunzione misticoide di essere la reincarnazione della Divinità Mate-Ipa, che mi sono inventato io perché composta da Mate (bevanda argentina) e IPA (birra inglese).

Detesto chi vende India col codice a barre, a Canale 5 ho conosciuto delle donnette con i foularini che dicevano OM OM e poi vivevano di odio e gossip.

⁠È per questo che vesti con pezzi di sari e stoffe indiane?

Si. Non vesto come un Guru, non scimmiotto i Sadhu, attacco delle stoffe ai miei Jeans e alle mie tute da ginnastica. O meglio, li attaccavo, adesso ho sarte, sarti, un catalogo e una linea (RIt70’s).

I veri induisti apprezzano la mia umiltà, mi trattano bene, le loro basi filosofiche o religiose sono saccheggiate dal mercatuccio, tutti ne approfittano perché l’integralismo è raro.

Hai anche legami religiosi con l’india?

Risponderò solo in presenza del mio avvocato, Mike Tyson.

Cosa e quanto ha a che fare il mondo induista e indiano con Sport Crime?

Tantissimo. Dani, la protagonista è una cricketer ma più di sponda britannica, Dabs vede i pesi come una pratica Yogi accessibile all’occidente, con stordimenti shivaiti, sospensioni temporali, alterazioni dei colori e dei sensi. Ritiene (e io ritengo) che i pesi siano la porta occidentale per entrare davvero – non per gioco o per marketing – a uno stato elevato che ha dei paralleli con le pratiche del grande Deva (Mahadeva, Maha è parente di Mega, cioè grande). Poi – capiamoci e torniamo ai limiti India-Punk – Dabs si accontenta di provarci, non si dichiara arrivato.

E con lo sport?

I britannici hanno portato nelle loro colonie, ufficiali e no, la palla ovale e il cricket. Ogni rugbista anglofono è anche un cricketer, e guarda all’India e al suo campionato Super (anche troppo) professionistico che si chiama IPL, Indian Premier League.

E Kabir Bedi?

Siamo cresciuti con le repliche di Sandokan, con l’India inventata, falsa, antibritannica di Salgari, più precisamente con la sceneggiatura di Sollima. Questo mi ha fatto studiare i Sikh, la loro religione sincretistica, abbiamo un attore ricorrente, quasi co-protagonista Sikh, Taz Singh, cricketer, britannico, Punjabi. Vedi come tutto si lega? Mi irrito quando mi dicono “mille cose”: sono 3 o 4 molto collegate, certo, se non conosci i collegamenti usi parole squallide come “dispersivo”.

⁠È vero che hai contatti con attrici di Hollywood e che sei molto apprezzato – per così dire – da qualcuna di loro?

No.

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