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La lezione di Birilla: Il tempo infinito di una carezza

La lezione di Birilla – una meravigliosa storia d’amore

La lezione di Birilla. Cosa centri una tartaruga, una ginestra, Il poeta Giacomo Leopardi e il tempo di una carezza che può essere infinito? Leggiamo quello che la dott.ssa Maddalena Carlini ha scritto, con una profondità e una sensibilità d’animo rara e capiremo. In questo articolo non parla di scuola, ma sicuramente è un insegnamento anche questo. La bellezza di un gesto semplice che ha un valore di elevata essenza.  

 La Ginestra

“… E tu, lenta ginestra … anche tu presto alla crudel possanza soccomberai del sotterraneo foco … e piegherai il tuo capo innocente: ma non piegato insino allora indarno … ma non eretto con forsennato orgoglio inver le stelle, ma più saggia, ma tanto meno inferma dell’uom, quanto le frali tue stirpi non credesti o dal fato o da te fatte immortali.”

Così Giacomo Leopardi, nel testo poetico più lungo dei “Canti”, scritto nella primavera del 1836, a un anno dalla morte, si rivolgeva alla docile ginestra, immortalando la dignità di un umile fiore, il cui destino era probabilmente quello di soccombere sotto la lava del Vesuvio, sulle pendici dove era nata, ma che, fino ad allora, non avrebbe piegato il suo “capo innocente”.

Il poeta si spingeva anche oltre, confrontando la saggezza della ginestra, che non si arrende ma nemmeno s’illude di sopravvivere per sempre, con la sciocca presunzione degli esseri umani.

La malattia di Birilla

In questi giorni ho ripensato spesso alla docile resistenza della ginestra leopardiana, poiché ho dovuto dolorosamente affrontare, con il mio compagno, la malattia di Birilla, il mio splendido esemplare di tartaruga terreste geochelone pardalis, che da sette anni ci regala il suo affetto, contro l’assurdo pregiudizio che il “sangue freddo” dei rettili non possa scaldarci il cuore.

Non sembri “blasfemo” il collegamento affettivo letterario tra una tartaruga e la sensibilità poetica di Giacomo Leopardi: ricordiamoci che ne “La quiete dopo la tempesta” la famosa “gallina che ripete il suo verso” ha avuto piena e gloriosa cittadinanza!

I pareri dei primi veterinari che abbiamo consultato, riscontrando la cronicità di una sindrome abbastanza comune nei rettili in cattività, ci hanno proposto – non sempre con la dovuta comprensione per la gravità della situazione che stavamo affrontando – di farla sopprimere.

La lezione di Birilla

Il “quadro”, sebbene a tinte cupe, sembrava, dunque, molto chiaro, presentando in primo piano la competenza tecnica degli esperti e la sofferenza di chi era stato consigliato di procedere con la soluzione estrema.

Sì, ma Birilla?

La tartarughina, anche se sottoposta alle terapie, non smetteva di reagire alle coccole e non rinunciava a regalarci i suoi bacetti.

Allora ho capito, il messaggio era arrivato forte e chiaro: la qualità della vita di qualunque essere vivente non può essere delimitata con l’accetta dal confine tra salute e malattia né sottostare al limite del tempo.

Il diritto alla salvezza

Certamente la sofferenza fisica, quando non ha nessuna via d’uscita, non deve essere forzatamente protratta, ma se esiste una possibilità di salvezza, ogni forma di esistenza, sia essa vissuta in una casa o in una tana – “dentro covile o cuna” direbbe ancora il Poeta – ha diritto che le venga concessa.

Oggi Birilla ha incontrato un Medico  illuminato, la Dottoressa Maddalena Iannacone, che ha scelto di coltivare questa possibilità, forte di una competenza sviluppata in ambito nazionale ed internazionale, e, con il suo Chirurgo, Dott. Marco Campolo, di un approccio empatico che ci ha commosso e rassicurato al pari della grande esperienza di cui si avvale.

Non sappiamo se Birilla ce la farà, ma sappiamo che, come la ginestra sulle pendici dell’arido Vesuvio, non chineremo il capo fino alla fine.

La speranza di salvarla è pro tempore, come, del resto, lo sono tutte le creature, umani compresi, ma il tempo di una carezza può essere infinito.

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