La fine di un pontificato, l’inizio di una nuova era per la Chiesa
Francesco ha segnato la traiettoria della Chiesa

Con la morte di Papa Francesco, si chiude un’epoca che ha segnato profondamente la traiettoria della Chiesa cattolica nel XXI secolo. Jorge Mario Bergoglio, primo pontefice latino-americano e primo gesuita a salire al soglio di Pietro, ha rappresentato fin dalla sua elezione nel 2013 un punto di svolta, per stile, contenuti e prospettiva geopolitica.
Il suo pontificato si è distinto per l’intento di spostare il baricentro della Chiesa dal tradizionale asse eurocentrico verso una visione più globale, attenta alle periferie, sia geografiche che esistenziali. Il suo sguardo si è rivolto con insistenza all’America Latina, all’Africa, al Sud-Est asiatico, riconoscendo in queste aree non solo una crescente vitalità religiosa, ma anche un ruolo strategico nella ridefinizione dell’influenza culturale e politica della Santa Sede.
Uno degli aspetti più significativi della sua azione è stato il ripensamento del ruolo geopolitico della Chiesa. Francesco ha inteso la diplomazia vaticana non come semplice funzione di rappresentanza, ma come strumento attivo per la pace, il dialogo interreligioso e la mediazione internazionale. Ha mantenuto una linea autonoma rispetto agli schieramenti geopolitici tradizionali, cercando di tenere aperti i canali con mondi contrapposti: dagli Stati Uniti alla Cina, dalla Russia all’Iran, dal mondo islamico sunnita a quello sciita.
Il suo impegno per la pace si è manifestato in modo particolare nella crisi ucraina, dove ha cercato di esercitare una moral suasion spesso difficile da interpretare, ma coerente con la sua visione di una Chiesa “non schierata”, chiamata a superare le logiche di blocco ereditate dalla Guerra Fredda. Allo stesso tempo, la sua enciclica Fratelli tutti e l’enciclica ecologica Laudato si’ hanno fornito un lessico spirituale ma anche politico per affrontare le sfide globali del nostro tempo: il cambiamento climatico, le diseguaglianze economiche, l’immigrazione di massa, la fragilità dei sistemi democratici.
Un pontificato non convenzionale
Il suo metodo inclusivo e talvolta non convenzionale ha generato divisioni all’interno del mondo cattolico. I settori più conservatori hanno visto in lui un pontefice disposto a cedere su principi consolidati; altri lo hanno accusato di non essere andato abbastanza in profondità nelle riforme. E tuttavia, Papa Francesco ha imposto un nuovo paradigma: quello di una Chiesa “in uscita”, non autoreferenziale, capace di interrogarsi sul proprio ruolo nel mondo contemporaneo.
Ora che il suo pontificato si è concluso, si apre una fase delicata. Il conclave che seguirà non sarà solo un momento di discernimento spirituale, ma anche una scelta strategica su quale direzione imprimere alla Chiesa cattolica. La posta in gioco è alta: in un mondo multipolare e segnato da crescenti tensioni culturali, religiose e climatiche, il nuovo Papa sarà chiamato a ridefinire l’identità della Chiesa e la sua capacità di interlocuzione con i grandi attori globali.
Sarà da verificare se il successore di Francesco sceglierà di proseguire lungo la linea del rinnovamento pastorale e dell’apertura verso le questioni sociali e ambientali, o se prevarrà una visione più tradizionalista, tesa a ricompattare le frange interne più critiche. In entrambi i casi, il nuovo pontificato dovrà confrontarsi con una realtà complessa: la secolarizzazione crescente in Europa e Nord America, la forte espansione cristiana nel Sud globale, il rapporto con le altre religioni e con le scienze, la gestione delle nuove frontiere etiche e biotecnologiche.
La morte di Papa Francesco, più che una conclusione, segna l’inizio di un momento di transizione in cui la Chiesa dovrà ridefinire il proprio linguaggio, il proprio posizionamento internazionale e il proprio ruolo in un mondo in continua trasformazione. Non sarà un compito semplice. Ma la storia insegna che, nei momenti di maggiore incertezza, la Chiesa ha spesso saputo reinventarsi.

Giornalista – Direttore Responsabile Globe Today’s
