La casa di Goethe e Max Peiffer Watenphul
Per chi visita Roma, piazza del Popolo è una tappa quasi obbligata: con le sue chiese gemelle in stile barocco, la fontana e l’obelisco, è senza dubbio un monumento alla bellezza, a cui si aggiungono il museo di Leonardo da Vinci e, salendo la scalinata sulla sinistra, il Pincio e Villa Borghese.
La casa di Goethe
Pochi invece sanno che qualche centinaio di metri più avanti, al civico 18 di Via del Corso, si trova l’unico museo tedesco fuori dal territorio nazionale, la Casa di Goethe. Johan Wolfgang von Goethe, al pari di Leonardo, è stato un genio che si è occupato un po’ di tutto: è stato scrittore, poeta, drammaturgo, saggista, pittore, filosofo e scienziato, solo per citare l’essenziale.
Il museo espone una documentazione del suo viaggio in Italia, compiuto fra il 1786 e il 1788, poi raccontato in un libro. Ospita altresì l’appartamento nel quale Goethe soggiornò con l’amico pittore Johan Heinrich Wilhelm Tischbein durante la sua permanenza a Roma. Il Palazzo, di proprietà della famiglia Bracci, passò per donazione nel primo dopoguerra alla Mensa Vescovile di Civita Castellana che lo vendette poi nel 1990 al consorzio dei musei e istituti tedeschi fondato dal Ministero Federale dell’Interno.
Le sale della mostra documentano con lettere, quadri, disegni e libri il viaggio di Goethe e il suo soggiorno a Roma. Sono esposti tra l’altro quadri e schizzi di artisti tedeschi fra i quali anche quelli del suo amico Tischbein. Ma anche disegni e documenti di Goethe che testimoniano i sui studi sulla teoria dei colori.
Fra i quadri esposti ci sono quattro stupende incisioni di Piranesi e una riproduzione d’epoca del ritratto di Goethe (l’originale, di Tischbein, si trova a Francoforte) a cui si è ispirato Andy Warhol per il suo altrettanto celebre ritratto di Goethe, presente nell’esposizione.
“Dal Bauhaus all’Italia” dedicata a Max Peiffer Watenphul
Quattro sale di Casa Goethe sono utilizzate invece per mostre temporanee che in genere presentano opere in cui la cultura italiana e quella tedesca si incontrano e che ripercorrono esperienze di viaggio nel nostro paese. L’ultima, titolata “Dal Bauhaus all’Italia” e visitabile fino al 10 marzo 2024, è dedicata a Max Peiffer Watenphul (Weferlingen, 1896 – Roma, 1976). La retrospettiva, realizzata in collaborazione con il Museo Gunzenhauser di Chemnitz, ospitata prima di arrivare a Roma, segue il percorso dell’artista con i suoi lavori di pittura e fotografia, dall’esperienza del Bauhaus di Weimar fino al Modernismo e al lungo periodo in Italia.
Dopo aver studiato legge, Peiffer Watenphul si dedica all’arte e frequenta corsi al Bauhaus di Weimar tenuti da artisti del calibro di Paul Klee e Vasilij Kandinskij. La scuola d’arte di Walter Gropius, estremamente innovativa per l’epoca, prevedeva un corso propedeutico obbligatorio e attività pratiche da svolgere nei laboratori, secondo una concezione in cui arte e artigianato si fondevano.
Già negli anni venti Pfeiffer Watenphul è conosciuto nei circoli d’avanguardia; nel 1921 la rivista “Das Konstublatt” gli dedica un saggio, in cui suoi lavori, in contrapposizione all’impressione visiva, sono interpretati come immersione nell’oscurità dell’inconscio. In un quadro che ritrae la madre, ad esempio, l’immagine è percepita più come ricordo che come rappresentazione della realtà.
Un artista dalla personalità eclettica
Peiffer Watenphul era un artista dalla personalità eclettica, indipendente e originale. I suoi quadri e le sue fotografie riflettono la sua visione della bellezza, soprattutto italiana, di architetture, di grandi atmosfere, di città e paesaggi. Le sue fotografie sono pubblicate da diverse riviste tedesche, ma anche in un’edizione del “Viaggio in Italia” di Goethe, in occasione del centenario della sua morte. Ma Peiffer Watenphul fotografa anche personaggi da lui stesso definiti grotteschi, donne soprattutto, truccate e ingioiellate, con il bicchiere in mano. Oppure giovani romani in pose sensuali, fotografie realizzate nella capitale dopo aver vinto nel 1931 l’omonimo premio, associato a un soggiorno di nove mesi presso l’Accademia Prussiana delle Arti a Villa Massimo. È il periodo delle foto queer, secondo il nuovo stile di vita del Bauhaus, con le sue idee liberali della sessualità che si diffusero in Germania nel periodo fra le due guerre mondiali
Con la conquista del potere da parte dei nazisti, la situazione di Peiffer Watenphul si fece difficile: i suoi quadri, considerati “Arte degenerata” (Entartete Kunst) furono allontanati dai musei e alcuni andarono perduti.
Numerosi furono i viaggi da lui intrapresi in Europa, Africa e Messico. Dopo il 1945 si traferisce in Italia dalla sorella, per poi spostarsi fra Venezia, la Toscana e Roma dove morì nel 1976 e dove riposa, sepolto nel Cimitero acattolico alla Piramide Cestia: un paesaggio che l’artista ha dipinto nel 1963 e che è esposto in questa retrospettiva alla Casa di Goethe.