Italia Paese di Poeti, Santi e Navigatori
Tutti sappiamo quanto sia vero, che l’Italia sia un paese di Santi, di Poeti e tutti d’accordo, ma di Navigatori? Ai più risulta giusto un sostantivo in questa frase, in realtà c’è molto della storia del nostro Paese.
Quanti navigatori italiani?
Salvo il mitico Cristoforo Colombo, quanti di voi conoscono quali e quanti navigatori l’Italia abbia dato all’umanità, soprattutto quella passata?
Ne elenco alcuni tra i più famosi anche se la lista sarebbe molto lunga, partiamo con il celebre Colombo e poi in ordine sparso: Antonio da Noli, Leon Pancaldo, Flavio Gioia( si dice inventore della bussola magnetica), Lanzerotto Malocello, Enrico D’Albertis,I Fratelli Caboto (da cui deriva il termine cabotaggio che significa capacità di trasporto piccolo medio o grande), Antonio Pigafetta, I fratelli Vivaldi, Alvise da Mosto, Giovanni da Verrazzano (da cui il secondo famoso ponte di New York) e ultimo per caso l’altro grande navigatore Amerigo Vespucci.
La lista come detto prima sarebbe molto lunga ma qui mi fermo. Molti di loro in realtà pur se nati nella ancora divisa penisola che poi si chiamerà Italia, parliamo del periodo 1300/1600, in cui avvennero le grandi scoperte geografiche, agirono al soldo di nazioni straniere prime fra tutte il Portogallo e la Spagna.
È evidente che la fuga di cervelli e persone capaci dall’Italia verso l’estero, non è una moda recente ma si perde all’alba dei tempi moderni.
Le doti “non comuni “per essere Navigatori
Per essere Navigatore e come tale avere la responsabilità di una spedizione al fine ricercare nuovi territori per un Re piuttosto per un altro, bisognava avere doti non comuni:
- Saper navigare a vela ovviamente e badate bene che allora esistevano solo le vele quadre che non consentivano la bolina, ovvero risalire il vento ma solo andature portanti ovvero di poppa e qualche grado al giardinetto, il che significava solo qualche grado verso il traverso 5/7 gradi.
- Avere capacità di comando quando spesso l’equipaggio era fatto si di marinai ma reclutati per lo più nelle peggiori bettole dei porti, oppure dalle galere, spesso i viaggi erano senza ritorno.
- Sana e robusta costituzione quella vera però, e avere una bella resistenza e attitudine ad una vita che sulle navi di allora non era per nulla facile.
Per tradizione ed anche per mancanza di altre opzioni molti dei Navigatori sopra citati erano se non genovesi ma almeno Liguri, da Mosto da Noli, Malocello, Pancaldo e li sento essendo io Ligure un po’ i miei antenati.
Ovviamente i Grandi navigatori non furono solo Genovesi ma Veneziani, Emiliani e Toscani.
In particolare Lanzerotto Malocello – Varazze 1270 Genova 1336- e quindi mio illustre concittadino, fu lo scopritore delle Isole Canarie, e appunto l’isola di Lanzarote si chiama cosi in suo onore, oggi sono raggiungibili da Milano in tre ore, ma immaginate quasi 800 anni fa quando si credeva che il mondo finisse oltre le Colonne d’Ercole, vale e dire Gibilterra, avventurarsi fuori, equivaleva a fare più di un viaggio verso Marte oggi.
La vita sulle navi del medio evo
Immaginate quanto fosse difficile vivere in una città qualunque nel medioevo. Mancanza di igiene, scarsità d’acqua, scarsità di cibo, moltiplicate tutto questo per 10 in senso negativo ovviamente e otterrete la qualità di vita sulle navi nel medioevo, senza considerare la mancanza di poter prevedere le condizioni marine e quindi mare e vento, non ultimi i danni a bordo a seguito di fortunali che spesso conducevano a l’affondamento.
Per darvi un’idea delle dimensioni la caravella o meglio una “Caracca” la Santa Maria che era l’ammiraglia della spedizione di Colombo era lunga intorno ai 25 metri, qualcuno asserisce 22 altri 27, numero dei componenti dell’equipaggio circa 30 marinai.
Ci si arruolava spesso forzatamente, altre volte più che per la paga per lo spirito di avventura.
Qui a fianco una frase di una canzone che riassume bene lo spirito con cui i marinai di tutti i tempi si sono avventurati per gli oceani del nostro pianeta alla ricerca spesso di risposte che mai sono arrivate, o semplicemente per lo spirito di avventura.
“Stesso spirito”del passato anche per i giovani di oggi che scelgono la via del mare
Lo spirito, credo, anche nei giovani di oggi che prendono la via del mare, sia sempre quello.
Oggi vivere su una nave che comunque ha in comune con quelle del passato solo il nome è sempre complesso e implica scelte di vita spesso non facili.
Benché esista un organismo sovranazionale, una costola dell’ONU, noto tra gli addetti del settore come LMC, acronimo di Labour Maritime Council, che detta le linee guida alle varie nazioni le norme essenziali di stipendi, vitto e alloggio, spazi a disposizione dell’equipaggio, tempo di riposo e divertimento e durata dei contratti, su una nave sei sempre solo.
Io ho praticato questa professione per poco tempo quando ero molto giovane, ma provengo da una famiglia di Marittimi da tre generazioni e so cosa vuol dire vedere il proprio padre due volte l’anno, scrivere negli anni 70/80 lunghe lettere di affetto e di descrizione del quotidiano.
I ragazzi Italiani oggi diplomati dell’Istituto Nautico o altre qualifiche stentano a intraprendere questa carriera in questi ultimi anni. Benché dia delle grandi soddisfazioni economiche, non certo, però, come anni fa e resti comunque una professione, non hanno più quello spirito di sacrificio che sicuramente ha avuto la mia generazione, è molto gratificante, arrivare al comando di una grande nave passeggeri ed è sicuramente un obbiettivo importante, ma anche una grandissima responsabilità, che si riassume in anni passati sul mare, lontano dai propri affetti e vincolati a ritmi di vita molto particolari.
I Navigatori ora provengono dall’est Europa , india e Filippine
Oggi si affacciano a questo mestiere soprattutto ufficiali marinai e personale navigante proveniente dall’est Europeo, India, e dalle Filippine che vanta un record di oltre 2 milioni di marittimi e sicuramente detengono il record di Nazione con il personale marittimo più numeroso.
Anni fa un caro amico un super esperto del Maritime mi disse questa cosa: “vedi navigare, ovvero lavorare in mare, è la prerogativa di un popolo che non certo è ricco e trova nel mare una risorsa economica per far progredire il benessere della propria famiglia.”
Oggi pochi giovani hanno questo spirito, sicuramente non hanno più la necessità “economiche” che per esempio c’erano nel nostro paese alla fine della seconda guerra mondiale, dove L’Italia era poverissima e tutta da ricostruire e lo spirito di sacrificio era alto. Ora, lo fanno in pochi e per scelta, lo spirito che li porta a fare ciò forse è ancora quello di viaggiare contro il tempo, malgrado il tempo, a favore del tempo, nonostante il tempo, in mezzo al tempo.
Perito Consulente Navale e Broker