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Il Grande Torino: una cartolina da un Paese diverso

Lo spettacolo teatrale di Marco Bonetto e Gianfelice Facchetti

Grande Torino

Il 4 maggio è una data indelebile per i tifosi del Torino, per i tifosi di tutto il mondo, per tutti. Era il 1949 quando l’aereo del Grande Torino si schiantò a Superga. Una data che ha segnato la storia dello sport e del dopoguerra. Su quell’aereo persero la vita 31 persone: 27 passeggeri, tra cui giocatori, dirigenti e giornalisti, e 4 membri dell’equipaggio. A distanza di 76 anni, quei calciatori sono sempre leggenda e, ogni 4 maggio, il mondo celebra quella squadra straordinaria. Marco Bonetto, giornalista e tifoso, in questo caso autore teatrale, ha risposto alle domande di Katiuscia Tomei per la nostra testata.

Marco Bonetto e il Grande Torino

Gli autori dello spettacolo teatrale Marco Bonetto e Gianfelice Facchetti

Marco, sei un giornalista che lavora da anni al Tuttosport e vieni definito il “sacerdote” granata, perché non manchi mai di celebrare, gioie, dolori, fasti e sciagure del Torino. Quando nasce la tua “fede calcistica”?

La mia fede calcistica nasce in famiglia, mio nonno era un tifoso del Toro già negli anni ’20 dello scorso secolo e mio padre nato negli anni ’30 era anche lui tifoso del Grande Torino, lo seguiva in trasferta con suo papà. Tutto questo mi è stato trasmesso fin da bambino così come io l’ ho trasmesso poi ai miei due figli. Il legame col Toro si è arricchito poi con il lavoro, perché sin dalla fine degli anni ’80 e inizi anni ’90 per giornali differenti ho iniziato a seguire il Torino e ho sempre più studiato la sua storia. Ho conosciuto ex giocatori, protagonisti, parenti dei campioni caduti a Superga, ex giocatori di fine anni ’20 e ’30 prima che ci lasciassero. E’ un enorme legame fatto di sentimenti, di studi, di interviste durato per decenni.

Questa passione per il Torino ti ha portato di recente anche a essere l’autore di uno spettacolo molto intenso che ha debuttato lo scorso ottobre al Teatro della Cooperativa di Milano “Il Grande Torino: Una cartolina da un Paese diverso” insieme all’attore Gianfelice Facchetti figlio del grande calciatore Giacinto Facchetti con le musiche degli Slide Pistons, (Raffaele Kohler, Luciano Macchia, Francesco Moglia). Quando hai conosciuto per la prima volta Gianfelice?

Ormai sono passati davvero tanti anni da quando ho incontrato Gianfelice Facchetti. Man mano che ci siamo conosciuti negli ultimi 15 anni, abbiamo sempre più raffinato la nostra amicizia. Ho scoperto che lui, tifoso interista, ha un cuore granata perché da giovane viveva a Cassano d’Adda il paese natale di Valentino Mazzola e indossava la maglia di Bacigalupo nella squadra del suo paese, perché suo papà Giacinto aveva come idolo Virgilio Maroso di cui teneva una fotografia.

Lo stesso Gianfelice Facchetti ha poi recitato in uno sceneggiato sul Grande Torino tanti anni fa. C’ erano quindi tutti questi legami che hanno arricchito man mano la nostra amicizia, lo avevo anche intervistato tante volte per il mio giornale Tuttosport. Finché un giorno di tre anni fa iniziò a dirmi che avrebbe voluto scrivere col mio aiuto uno spettacolo teatrale sul Grande Torino visto le mie conoscenze storiche, per me ovviamente era un grande onore e dissi subito si con grande felicità.

Gianfelice Facchetti in una recente intervista su Tuttosport dice di aver scelto una data convenzionale per la nascita del Grande Torino:  <<Ho preso spunto da una riflessione di Franco Ossola, che l’ha individuata nel 28 aprile 1946, quando il Toro vinse 7-0 in casa della Roma. Le cronache dei giornali scrissero che non si era trattata di una semplice partita di calcio ma di una rappresentazione teatrale, una sinfonia, qualcosa di totalmente diverso da quello che si era visto sui campi fino a quel momento>>.  Anche questo spunto di Ossola vi ha spinto in parte a scrivere uno spettacolo teatrale a quattro mani?

A esser sinceri non è tanto una partita in sé del Grande Torino che pure ha collezionato risultati incredibili e record imbattuti, uno per tutti il fatto che dieci giocatori erano titolari nella nazionale Italiana. Non sono state le vittorie del Torino ma i significati di cui i giocatori erano portatori: quelli dell’ Italia libera, democratica, repubblicana che rinasceva dopo la dittatura fascista e dopo la tragedia della seconda guerra mondiale.

Il Grande Torino che rinasceva e che rappresentava una colonna di quella nuova Italia che voleva affrancarsi dai disastri precedenti e che voleva rinascere appunto libera, democratica e repubblicana. Tutti i valori del Grande Torino erano valori sociali che andavano oltre lo sport e sono stati alla base della scrittura di questo testo teatrale. Basti pensare che molti giocatori si impegnarono politicamente per il referendum a favore della Repubblica e per aiutare le famiglie dei partigiani caduti. Avevano dei valori che andavano oltre lo sport oltre al fatto che fossero dei fantastici campioni che realizzarono dei record ancora ora imbattuti.

Il prossimo 4 maggio alle 21:00 ci sarà la replica del vostro spettacolo al Teatro Superga di Nichelino (TO), nello stesso giorno del 1949 nell’incidente aereo di Superga persero la vita alcuni degli “Invincibili” del Torino Fc. Questo è l’avvenimento da cui si snoda poi tutto lo spettacolo e dal quale emerge che il Grande Torino non è stata “solo” una squadra di calcio ma lo specchio di una generazione che dopo la seconda guerra Mondiale si era rimboccata le maniche. Senza anticipare troppi dettagli, quale momento dello spettacolo ti fa emozionare di più?

Ce ne sono tanti di momenti emozionanti nello spettacolo, è struggente pensare all’amore di Carla Maroso e Virgilio Maroso il terzino sinistro del Grande Torino, dopo un anno di matrimonio lui cadde a Superga. Erano molto innamorati. Lui amava suonare il pianoforte per la sua Carla. Ma poi un giorno all’improvviso lei rimase sola, così giovane. A casa, con davanti agli oggi il pianoforte di Virgilio, silenzioso per sempre. Forse questo è uno dei momenti più struggenti dello spettacolo.

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