Fabrizio Gifuni un attore “dentro” al personaggio
Fabrizio Gifuni
Dopo Buongiorno Notte del 2003 Marco Bellocchio, su richiesta della RAI, ha girato Esterno notte una serie televisiva in sei puntate che Rai Uno ha trasmesso in prima serata il 14, 15 e 16 novembre 2022. Ambedue i film raccontano la tragica vicenda di Aldo Moro, rapito per 55 giorni e ucciso dalle Brigate Rosse nel maggio 1978.
Se il protagonista del primo film di Bellocchio è stato Roberto Herlitzka, a vestire i panni del Presidente della Democrazia Cristiana nella serie tv è toccato a Fabrizio Gifuni. Gifuni per altro era già stato Aldo Moro a teatro nello spettacolo Con il vostro irridente silenzio e al cinema in Romanzo di una strage. Indubbiamente ad oggi si può dire che conosca ogni lato più nascosto di Moro. La sua recitazione infatti nella serie di Bellocchio ricca di candidature per il David di Donatello (tra cui la sua come migliore attore protagonista) ci restituisce una figura fedele in tutto e per tutto al presidente della DC. Nei gesti, nel modo di parlare e oramai anche in quello di pensare Gifuni è a tutti gli effetti Moro.
Dentro al personaggio
Questo suo essere entrato completamente nel personaggio ha fatto crescere nell’attore molta curiosità tanto che del suo alter ego ha voluto scoprire sempre di più. Con il vostro irridente silenzio. Studio sulle lettere dalla prigionia e sul memoriale di Aldo Moro è lo spettacolo che Gifuni porta in tournè dallo scorso anno e che da giovedì 13 a sabato 15 aprile è in programma sul palcoscenico del Teatro Gustavo Modena di Genova. Una drammaturgia costituita dalle lettere e dai documenti scritti dallo statista italiano durante i 55 giorni di segregazione.
Venerdì 14 aprile alle ore 17.45 prima dello spettacolo serale l’attore ha presentato il suo libro omonimo, Con il vostro irridente silenzio Le lettere e il Memoriale: voci dalla prigionia di Aldo Moro, dialogando con Andrea Porcheddu, drammaturgo del Teatro Nazionale di Genova che ha condotto l’incontro.
Quelle lettere di Aldo Moro
Come ogni bravo attore Gifuni è stato appassionante nel raccontare ai presenti come lui stesso sia rimasto” rapito” dalle lettere che Aldo Moro scriveva incessantemente mentre era prigioniero nel bunker delle Brigate Rosse. Lettere che scriveva ai colleghi politici e alla famiglia.
Gifuni ha parlato di un uomo assolutamente consapevole sia quando si relazionava coi colleghi che con la moglie, i figli e anche l’adorato nipotino. “Quelle carte raccontano cose incredibili – ha detto Gifuni – il suo era un alternarsi di speranza e trattative. Sono carte che raccontano anche dei segreti come quello del cosiddetto «lodo Moro», un patto segreto di non belligeranza tra Stato italiano e Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina. Moro non ha mai perso la lucidità come hanno detto e pensato in molti, anzi. Stava a scrivere per ore a tavolino come se fosse ancora sulla sua scrivania d’ufficio. Anche il fatto di trovarsi davanti a gente nuova era per lui stimolante “Si riflette meglio parlando con facce nuove” queste le sue parole.
All’epoca di Moro Fabrizio Gifuni aveva 12 anni
Anche se ai tempi del rapimento e uccisione di Moro Fabrizio Gifuni aveva solo 12 anni ricorda bene tutto, anche perchè la sua famiglia non era estranea all’ambiente della politica romana. Il padre Gaetano era Segretario Generale della Presidenza della Repubblica sotto i settennati di Oscar Luigi Scalfaro e Carlo Azeglio Ciampi al Quirinale. Volendo dare il massimo nella sua intepretazione cinematografica Gifuni lesse tutti i discorsi di Moro, vide le interpretazioni di Herlitzka e di Gian Maria Volonté, cercando assieme a Bellocchio una chiave che si concentrasse sugli stati d’animo che si agitavano in ciascun personaggio. Come se la politica non potesse essere slegata dalla vicenda umana.
La sua testimonianza espressa ” a cuore aperto”
Ed anche in questo suo spettacolo teatrale Gifuni si lascia prendere visceralmente: “Lascio che le parole di Moro attraversino il mio corpo. Tutte le sere sono diverso e conseguenzialmente lo spettacolo è diverso, e il mio corpo segue ogni sensazione che arriva da dentro, ma anche dal pibblico – spiega l’attore – Se c’è tensione nel mio corpo è involontaria in quanto il testo mi scuote, il lavoro del corpo mi scuote. Anche quando sto immobile il mio corpo è affaticato. Lo sento. Senz’altro qualcuno del pubblico si chiederà: perchè devo venire in teatro a vedere le carte di Moro? Al che io rispondo che attraverso il teatro si crea quel respiro comune che fa bene a chi è sul palco come a chi è in platea. Tutti interferiscono con l’attore, anche chi viene poco convinto. Il teatro è un tutt’uno perchè all’interno ci sono i corpi, corpi vivi. La scommessa è che tutti si respiri insieme”
La scelta di Gifuni nel raccontarci ancora una volta una delle più brutte pagine della storia italiana è quella di dire le parole per quello che sono, di lasciarle fluire affidando completamente a esse il compito di riempire lo spazio in ogni sua dimensione e sublimare la realtà, quindi arrivare alla bellezza, alla sua massima potenza. Una bellezza però che ci deve far riflettere a lungo su ciò che questo evento ha significato per la nostra Storia.