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Doppia scelta: mensa scolastica o panino

Mensa scolastica o panino – Foto steseptianpras

Doppia scelta, è vero si tratta di scegliere tra la mensa scolastica o il classico panino. Apre cosi “Scuolabus”, per una comunicazione stavolta a doppio senso, tra chi insegna e chi impara.

Doppia scelta

Che si chiami giornalisticamente “panino” o tecnicamente “auto refezione”, la possibilità per le famiglie degli alunni delle scuole del primo ciclo d’istruzione di sostituire la mensa scolastica con il pasto portato da casa sta dividendo, ormai da molti anni, il mondo della scuola e non solo. Non si tratta di schieramenti compatti su due fronti precisi: nelle zone con maggiore benessere sociale i sostenitori della ristorazione collettiva invocano ora il valore pedagogico della condivisione del pranzo, ora la necessità di garantire condizioni igienico sanitarie sotto controllo, mentre nelle fasce sociali che già devono combattere ogni giorno con problemi di tipo economico si mette in discussione la tariffa troppo alta per l’iscrizione al servizio.

L’origine della refezione scolastica

Va detto che il pasto a scuola nacque proprio per venire incontro alle esigenze dei genitori degli alunni, quando, dopo qualche tentativo nella seconda metà dell’ottocento, con la Legge Daneo Credaro del 1911, i Comuni furono obbligati ad istituire quello che allora si chiamava “patronato”, finalizzato a facilitare l’assolvimento dell’obbligo scolastico anche da parte delle famiglie meno abbienti. In seguito, dopo il boom economico, la mensa a scuola fu soppressa in quanto contraddiceva la convinzione che l’Italia del benessere potesse fare a meno di servizi sociali di tipo assistenziale, ma ritornò trionfalmente in auge con la costituzione del cosiddetto “tempo pieno”, esteso questa volta a tutti gli studenti i quali, in base alla Legge 820 del 1971, cominciarono ad occupare i banchi scolastici anche nella fascia pomeridiana.

E oggi?

La Scuola, come se non bastassero i problemi ormai di routine – il precariato endemico degli organici, la mancanza di risorse, la messa in sicurezza degli edifici – è chiamata ad affrontare lo “stop and go” delle diverse sentenze giuridiche che finora hanno regolato la questione dell’auto refezione.

Un po’ di normativa…

Dopo il via libera della Corte d’Appello di Torino che nel 2016 ha “sdoganato” il pasto da casa, lo scorso 30 luglio i Giudici delle sezioni unite della Cassazione hanno decretato che “non esiste il diritto soggettivo incondizionato all’auto refezione individuale, nell’orario delle mense e nei locali scolastici”, facendo anche riferimento ai rischi igienico sanitari e alla discriminazione tra alunni. Tuttavia, la sentenza ha richiamato l’autonomia delle scuole nelle modalità di gestione dei servizi mensa”.

Il rilancio all’Istituzione scolastica

Cosa significa quest’ultimo passaggio che, rispetto a qualunque scelta, rilancia la palla all’Istituzione Scolastica?

L’interpretazione più “disincantata” è chiara: ancora una volta la Scuola deve fare i conti con un’autonomia che, se da un lato la premia nella capacità di decisione, dall’altro la mette di fronte a responsabilità sempre più grandi. In questo caso, in particolare, la sentenza consente che ogni singola Istituzione scolastica si organizzi, anche con il “panino”, purché si attenga alle prescrizioni normative: vigilanza al tavolo del pasto domestico da parte di personale non retribuito con il fondo d’istituto (una cooperativa a carico delle famiglie che scelgono l’auto refezione? Una vigilanza organizzata comunque dalla scuola?).

Un’interpretazione gratificante e impegnativa

Mi piace, tuttavia, pensare a un’interpretazione più gratificante, sebbene sicuramente più impegnativa.

La Scuola e, prioritariamente chi la governa, il Dirigente Scolastico, non è chiamata a fare le cose “nel modo giusto”, in termini assoluti, bensì a “fare le cose giuste”, in altre parole a tenere sempre nella massima considerazione il suo ruolo, che non può essere supinamente esecutivo rispetto alla normativa, ma in grado di armonizzare il più possibile quest’ultima con le esigenze dei suoi utenti: gli alunni con le loro famiglie.

In questo modo, gli adempimenti burocratici, che per forza di cose rimangono coniugati sempre al presente, vengono superati da una prospettiva più ampia, che guarda al futuro, al miglioramento non solo dell’offerta formativa ma anche di tutti i servizi ad essa connessi, e l’autonomia scolastica si libera dai confini del puro decentramento istituzionale per diventare davvero uno spazio dove innovare e riqualificare la Comunità educante.

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