C’è Antonella Squillace nel Salotto Letterario di Daniela
Antonella Squillace

Incontriamo Antonella Squillace, scrittrice, laureata in pedagogia e scienze religiose, insegnante e fondatrice e già Presidente di un’Associazione di mediazione culturale “Mappamondo”. Ha pubblicato “Ho combattuto anche per te” (Calabria Letteraria Editrice, 2016), “Leah. Dall’altra parte del mare” (Leucotea, 2020) e recentemente “Ti darò i miei occhi” (Leucotea, 2023).
Ciao Antonella, grazie per aver accettato di partecipare al mio salotto letterario. Leggo nella tua biografia che oltre ad essere autrice e insegnante sei anche impegnata nel campo della mediazione culturale e dell’intercultura, appassionata di storia e cultura ebraica e una bibliofila instancabile. Una persona dai molteplici interessi, quindi, che di sicuro stuzzicherà la curiosità delle lettrici e dei lettori. Vorresti descriverti? Chi è Antonella Squillace?
Buongiorno Daniela e a tutte le lettrici e lettori e grazie per l’ospitalità nella tua rubrica. Sono una insegnante da più di 30 anni. Oltre all’insegnamento, seguo per passione e profonda convinzione la biblioteca della mia scuola, promuovendo la lettura nelle generazioni più giovani, il che mi porta ad essere, oltre che una divulgatrice, anche una appassionata lettrice. La letteratura, in particolare quella per ragazzi (anche se non mi piace incasellare generi e fasce d’età), è un mondo infinito da esplorare. Aiutare i ragazzi, in particolare della fascia preadolescenziale, ad entrarvi è una sfida continua.
Nel tuo primo romanzo, “Ho combattuto anche per te”, riporti alla luce ricordi familiari legati alla Prima Guerra Mondiale. Come ti è venuta l’idea? Per quale ragione hai scritto questo libro?
Il ritrovamento in un cassetto della fotografia del mio bisnonno, disperso durante la prima Guerra Mondiale ha suscitato in me l’irrefrenabile curiosità di conoscere pagine della storia che abbiamo sempre date per scontate e di conoscere la vita di giovani che, inconsapevolmente, hanno scritto pagine della Storia d’Italia, persone che sono state strappate al loro mondo e alle loro famiglie in nome di una guerra e di ideali a loro generalmente sconosciuti. Per la stesura di questo romanzo, ho studiato a fondo la Prima guerra Mondiale. Ma alcune cose, alcune storie, restano anonime.
I nomi che troviamo scritti sui monumenti ai caduti hanno tutti una storia, una famiglia che sono stati costretti ad abbandonare, hanno dovuto obbedire a comandanti non sempre all’altezza del ruolo assegnatogli, hanno rinunciato ad un futuro loro per provare ad assicurare un futuro migliore a chi restava. Per questo vanno ricordati con profondo rispetto.
Desideravo, inoltre, riportare alla luce la storia di questo bisnonno e non lasciare che fosse solo una vecchia fotografia lasciata ai suoi discendenti. Ho fatto un lavoro di ricostruzione storica sui tempi e sui luoghi che lo hanno visto protagonista, unendo memoria familiare, fantasia e documenti.
Il tuo libro successivo, “Leah. Dall’altra parte del mare”, è nato dopo un soggiorno in Spagna che ti ha stimolato a riflettere sui temi del viaggio e della migrazione, di centrale importanza in questo romanzo. Ci racconti?
Come dicevi nella presentazione, sono sempre appassionata della storia e della cultura ebraica. Un viaggio in Andalusia mi ha permesso di approfondire la pagina, spesso trascurata, della cacciata degli Ebrei dalla Spagna nel 1492, che ricordiamo come un periodo splendente e di rinnovamento e rinascita anche per la scoperta delle Americhe, ma tragico per migliaia di persone costrette a fuggire da un mondo, il loro Paese, al prestigio del quale avevano contribuito, che non li voleva più…
Leah abbandona tutte le sue certezze in cerca di un futuro migliore in un conflitto religioso che segnerà profondamente quel periodo e gli anni a venire.
Il tuo ultimo romanzo, “Ti darò i miei occhi”, è una saga familiare che s’intreccia con la storia italiana più recente. Quella di una famiglia le cui vicende scorrono insieme ai cambiamenti sociali, politici e culturali del Paese. La protagonista è una donna forte e eppure fragile, combattuta tra conformismo e modernità, che fa scelte coraggiose. Ce ne parli?

La storia di Rina si intreccia con le vicende che accadono in Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, l’allontanamento da un territorio e da una cultura che, come anche ai nostri giorni, purtroppo, non sempre consente un miglioramento delle condizioni di vita e sociali. È nuovamente una storia di distacco che possiamo ritrovare nei tanti emigranti che dal Sud Italia hanno cercato un riscatto al Nord, a costo di umiliazioni, sacrifici e travagliate nostalgie.
La forza che la muove è l’entusiasmo e la curiosità di costruire una nuova vita, impregnata però della cultura di appartenenza che spesso crea un conflitto non sempre risolvibile. È una storia come se ne trovano in migliaia di famiglie, ma che ha chiesto di rimanere per sempre impressa in un libro. È una lettura appassionata e sofferente. Le immagini scorrono come in un film del nostro neorealismo, prima in bianco e nero, poi, a mano a mano, a colori, in cui possiamo ricordare gli avvenimenti della nostra storia recente e rivederci mentre li riviviamo.
E ora la domanda che faccio sempre: scrivere è sempre stato il tuo sogno nel cassetto? Come hai cominciato? Cosa ti ha motivato?
L’esigenza di scrivere è sempre stata parte di me, fin dall’adolescenza, raccogliere pensieri ed emozioni e cercare di fissarle con l’inchiostro in diari, lettere, appunti.
Successivamente, anche attraverso l’incontro e le esperienze con persone di altra provenienza ed altre culture, è emersa l’esigenza di far conoscere realtà poco note ma che fanno parte del bagaglio culturale meticcio del nostro occidente. Per questo avevo partecipato alla stesura dei libri “Sguardi di donne cha arrivano da lontano” e “Migrare ieri e oggi – Il viaggio della mia famiglia”, raccolta di racconti sul migrare.
Quello che cerco di comunicare, anche ai miei alunni, è che ogni storia e vicenda, anche familiare, merita di non essere lasciata nell’oblio ma di restare a far parte della memoria collettiva. La storia, quella con la “s” minuscola, viene costruita giorno per giorno da ciascuno di noi ed il nostro vissuto contribuisce a generare la Storia, quella che poi verrà trasmessa alle generazioni che verranno.
I miei libri nascono da immagini, personaggi, momenti ed emozioni che chiedono venga loro data cittadinanza nelle pagine e che crescono e prendono vita quasi in maniera autonoma, come è accaduto ad esempio con i personaggi di “Leah”.
Continua Antonella…
Sono libri che, pur facendo parte di epoche diverse, hanno in comune l’abbandono dalla propria terra natia, per costrizione, sopravvivenza o ricerca di miglioramento sociale. In maniera diversa trattano problematiche che, mai come negli ultimi anni, emergono in maniera sempre più prepotente, ed insegnano che la costruzione di muri non potrà mai bloccare il desiderio e l’esigenza di cercare un futuro migliore.
Sono libri che parlano, anche indirettamente, della sofferenza e delle vicissitudini che le donne devono affrontare quotidianamente per sostenere la famiglia e la società, sovente nel disinteresse del mondo che le circonda, parlano della “sorellanza”, quel principio di solidarietà non scritto, che, a volte, permette un sostegno ed una comprensione reciproca.
Che progetti hai per il futuro?
CI sono nuovi personaggi che mi chiedono di essere ricordati, di raccontare le loro storie, le loro speranze, le loro delusioni e tragedie, insomma tutta la loro vita, senza pietismi o retorica e cercherò di dar loro dignità. Ci sto lavorando. È una storia che ci riguarda molto da vicino, ci appartiene. Sicuramente il prossimo libro tratterà di questo.
Ci lasci una citazione da uno dei tuoi libri? Qualcosa in cui ti riconosci, che ti rappresenta…
Dall’ultimo romanzo “Ti darò i miei occhi”: “Quel non sguardo di Rina continuava a ferire sua figlia. Sempre più spesso veniva afferrata da quel nodo doloroso che l’afferrava dall’infanzia, quel senso di perenne inadeguatezza e inquietudine, un’insoddisfazione dell’anima che la portava a cercare e nello stesso tempo a sentire le sofferenze e le ferite del mondo quasi ne fosse responsabile lei. Ma non aveva ereditato forse da Rina stessa, questo sentire?”.
Grazie di cuore, Antonella.
