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Art Sharing: l’economia digitale rivoluziona l’arte

Art Sharing è anche questo – Foto PIRO4D

Art Sharing

L’economia digitale sta provocando una rivoluzione nel mondo dell’arte. I termine usato per dare il “la” a questo mutamento ormai sostanzialmente già avvenuto, è “sharing economy” o “economia della condivisione” e ancora nel nostro caso “Art Sharing”.


Notizie, applicazioni, progetti: un insieme di servizi o di beni che è diffuso in ogni dove e i social sono i principali veicoli di condivisione e quindi di divulgazione.

Questa procedura in uso soprattutto nei social network, è utilizzata in molti altri ambiti e consente a tante persone di usufruire di un bene, qualunque esso sia. Potremmo avventurarci in complicate argomentazioni filosofiche sulla “democrazia digitale”. In realtà, ci limitiamo a concentrarci sul principio di base. E cioè che la condivisione fornisce un duplice servizio: per chi mette in “sharing” una qualsiasi conoscenza e per tutti coloro che ne recepiscono l’informazione.

Come funziona l’Art Sharing

 In quest’ottica, l’Art Sharing costituisce un vero e propria cambiamento, pur non facendo parte della tecnologia 2.0.

Questo funzionale sistema permette a chiunque lo voglia, di noleggiare opere d’arte per un determinato periodo di tempo.

Lo può fare chiunque, chi gestisce un locale, un hotel, un negozio, un ufficio di rappresentanza, una banca.

Si può noleggiare anche per completare un set cinematografico per capirci.

Un opera d’arte si può inserire in un qualsiasi luogo che voglia essere abbellito con un “arredo” di prestigio e allo stesso tempo creativo, originale, davvero unico.

Si può tutto con investimenti mirati

Oggi questa scelta è possibile: non si dovranno più investire centinaia di migliaia di euro, se non di più, per comprare intere collezioni d’arte.

Ora si possono solo “affittare” e a cifre molto contenute, per settimane o mesi, con la possibilità, davvero unica, di poter “ruotare” opere e artisti, a seconda dei gusti e delle scelte del momento.

Ecco quindi ottenuto un duplice risultato: il titolare o il gestore dell’ufficio o del locale che portavamo ad esempio poco sopra, diventa una sorta di mecenate. Gli spazi destinati all’arredo vere e proprie gallerie d’arte permanenti, mai statiche e che variano con frequenza nel tempo.

Ecco il significato rivoluzionario della condivisione

A usufruire della bellezza delle opere non è più solo il neo mecenate, ma tutti coloro che con quegli spazi entrano in contatto abitualmente o li frequentano occasionalmente: da poche unità a centinaia di persone che possono così venire a conoscenza, magari per la prima volta, di un artista e del suo valore, di una scultura e di un quadro.

Lo possono apprezzare, criticare, restarne affascinati, trarne spunto per poi approfondire.

 Allo stesso modo, gli artisti che entrano nel meccanismo dell’art sharing aprono le porte ad una nuova platea, ad un pubblico diverso, magari opposto a quello degli abituali frequentatori delle gallerie d’arte e dei musei.

La circolarità come beneficio

La circolarità che ne deriva non può che portare benefici a tutti coloro che partecipano alla “condivisione”, anche se i punti focali, i protagonisti dello sharing restano due: da una parte l’artista e dall’altra il neo mecenate, il quale, in concreto, non ha fatto altro che diversificare i suoi investimenti nell’ambito dei propri luoghi lavorativi, andando peraltro anche incontro a innegabili vantaggi fiscali che l’art sharing comporta.

Naturalmente l’art sharing è un fenomeno recente e non ancora ” intuito” a fondo.

 Pochi sono gli operatori che ne hanno compreso l’assoluto valore, ancor meno coloro che investono tempo e denaro per sviluppare lo “condivisione” nell’arte.

 Noi, nella nostra rubrica, abbiamo dapprima introdotto il concetto di “investimento”, poi di “diritto d’autore e autenticità dell’opera”, oggi vi abbiamo spiegato “l’investimento condiviso”. Noi crediamo in quello diciamo e facciamo. Siamo pronti a dimostrarvelo.

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