Abbigliamento. Il look e le idee moda🤣di Carlo
L’abbigliamento
L’abbigliamento, il look è importante per tutti. Se curato è bellezza, immagine positiva per gli altri e per sé stessi. Produce di riflesso anche benessere spirituale e in qualche modo appagamento. Per tutti? Teoricamente sì. Ci sono però casi irrisolvibili, l’eccezione alla regola. Ecco il nostro eroe è un concentrato di problematiche irrisolte: dalle donne (clicca qui), alle auto (ri-clicca qui) e oggi all’abbigliamento.
Mai da un amico
Mi pare doveroso aprire un file delicato, ma fondamentale, nella mia vita di cittadino e di comico: il tema vestiario.
Comprando vestiti ho capito che gli affari si possono fare tutto l’anno, non solo in tempo di saldi; l’importante è diffidare dei negozi gestiti dai cosiddetti “amici”.
Sotto casa mia c’è il calzaturificio di un ex compagno di scuola di mia moglie e una volta ho fatto l’errore di andarci. Da lui presi delle scarpe inguardabili da quanto sono brutte, ma ne avevo bisogno per la pioggia. Sulla scatola c’era scritto “Semi-impermeabili”. In effetti era così: l’acqua passava solo per entrare, poi non usciva più. Che dire? Posso solo aggiungere che quando la professione di ladro ti entra dentro, finisci con l’usarla anche se non serve. Tanto per fare un esempio, di questo amico del calzaturificio, qualche tempo dopo morì la nonna. La defunta aveva novant’anni, ma sui necrologi fece scrivere “89 e 9”!
L’abbigliamento trendy
Purtroppo per me, le cose non vanno meglio con l’abbigliamento in generale.
Ogni qualvolta compro qualcosa per vestirmi, ecco arrivare la fregatura. La scorsa primavera mi avevano venduto un maglione reclamizzato dalla commessa come capo che “fa tendenza”.
Ma tendenza a che cosa? Forse al carnevale. La prima volta che l’ho messo m’hanno tirato i coriandoli. Poi, da nuovo sembrava morbido, dopo il primo lavaggio a mano era già rigido come un’armatura medioevale. Quando lo vide mia madre mi consigliò: “Mettilo in lavatrice”. Diedi retta all’esperienza di mia madre e lo misi in lavatrice usando il programma “delicati”; si sciolse e scomparve nelle tubature. Neppure il filtro riuscì a fermarlo! Comunque non ho rimpianti, quel capo non mi manca per niente, anche perché non lo volevo.
Volevo una giacca
Volevo una giacca, ma incontrai il mio commercialista che mi sconsigliò, dicendo: “Non è il momento di comprare una giacca. È un capo che dà nell’occhio, a giorni esce il giaccometro e ci aumentano le tasse. Prendi un bel maglione che ce lo scarichiamo”. Be’, scaricare l’ho scaricato. Nel Mar Ligure.
Basta boutique solo al mercato
Da quella volta mai più nelle boutique, vado solo al mercato.
I capi sono belli e si risparmia parecchio; il problema è provarli. La primavera scorsa mi avevano venduto una camicia a quadri così larga, che sembrava una tovaglia. A Pasquetta con quella camicia mi addormentai in un prato, mi svegliai che ero bello apparecchiato.
Qualche giorno fa, sempre al mercato, desideravo provarmi dei pantaloni e la signora mi ha detto: “Prego, si accomodi”.
“Scusi,” le ho chiesto, “si accomodi dove?”
Quei pantaloni me li sono provati tra quattro minigonne messe come paravento, con la gente che mi passava affianco. Una situazione molto imbarazzante perché, appena tolti i calzoni, sembrava avessi la minigonna. Proprio in quel momento è passato il mio commercialista, che mi ha urlato: “Denei, se sei gay risparmiamo sull’Irpef!” La sua fissazione lo rende cinico.
Non compro più niente!
Basta, non voglio più comperare niente! Sono anni che compro vestiti e poi finisco sempre col mettermi le stesse cose.
Qualche giorno fa avevo un appuntamento importante con un notaio, per questioni di eredità. Ci tenevo a non sfigurare. Prima di decidere come vestirmi ho provato almeno quattro soluzioni. Non mi piacevo con niente. Alla fine, per darmi un tocco leggermente misterioso, mi sono vestito da Zorro. Uscito di casa ho incontrato ancora il mio commercialista che, mimando chiaramente la mitica “Zeta”, m’ha detto: “Zenei!! Buona idea cambiare cognome, così paghiamo le tasse per ultimi!”
Il commercialista è un problema
Non lo sopporto più, è sempre a rompere le scatole con queste benedette ricevute, scontrini, fatture…
Se lo incontro e gli racconto che sono andato al ristorante, mi dice: “Denei, hai conservato la pezza giustificativa?” “Sì, tranquillo.” “Sei andato al ristorante in auto?” “Sì, in auto.” “Hai fatto il buono benzina?”
Quando mia moglie ed io abbiamo saputo che sarebbe nato nostro figlio, l’ho detto anche a lui che m’ha subito risposto: “Bene, come nasce dimmelo, che ce lo scarichiamo!” Ma cosa scarichi? Una volta gli dissi: “Rilassati e vai un po’ al cinema.” Mi diede retta e andò a vedere “La carica dei 101”, perché credeva fosse un film sui modelli 101.
Anche le scarpe sono “abbigliamento”
Sull’argomento vestiti potrei includere anche le scarpe, e qui potrei aprire non libri ma enciclopedie, di quelle di una volta, a 24 volumi.
Nel primo volume parlerei dei titolari di calzaturifici, che assumono quasi esclusivamente ragazze bellissime con gambe lunghe e minigonne vertiginose. Alla sola vista della minigonna vertiginosa, il maschio medio ha le vertigini e non sente il dolore. La ragazza in minigonna vertiginosa riconosce il maschio medio ed è istruita a rifilargli qualsiasi calzatura invenduta da anni, calzatura che lui prova senza batter ciglio, sorridendo di fronte alle torture cinesi più atroci. La ragazza in minigonna vertiginosa potrebbe trasformarsi in maniscalco e ferrare il povero maschio medio che, sotto anestesia totale, tornerebbe a casa soddisfatto e al galoppo. Molte volte, ahimè, m’è capitato di far ritorno a casa con calzature strette di 3 o 4 numeri in meno, rispetto al mio 40.
La commessa in minigonna
Solo qualche settimana fa una di queste commesse in minigonna vertiginosa avrebbe venduto l’anima al diavolo pur di rifilarmi un paio di scarpe che io volevo soltanto vedere.
Ebbene, c’è riuscita. Mentre provavo ad indossarle, m’ha bombardato di aggettivi a me sconosciuti:
“Oh, guardi che è di moda il kitsch, è un modello che fa tendenza, ma è anche vintage, molto trendy, e anche cool!” …Ve lo giuro: sono mocassini! Pagati una cifra ipocrita: 99,99. Le ho dato due bigliettoni da 50 euro e lei m’ha messo nel palmo della mano una monetina che, se provo a lasciarla ad un lavavetri, mi annoda il tergicristallo, e con ragione.
La frase più bella nel commiato è stata la meno rassicurante: “Se le fanno male può riportarle, l’importante è che non ci cammini per terra”.
Così ho lasciato il negozio con l’illusione che la commessa in minigonna vertiginosa creda di aver appioppato i mocassini a Tarzan.
Tratto da Secolo Focaccia e Fantasia di Carlo Denei